Gli ospedali israeliani stanno tentando di rimediare al dramma maggiore che porta il coronavirus: la morte in solitudine, senza neanche poter vedere per l'ultima volta i propri familiari. Il Centro ospedaliero 'Ichilov' di Tel Aviv ha fatto da apripista ed ha annunciato che i parenti più stretti di un paziente potranno stargli accanto nei momenti finali della sua vita grazie ad una attrezzatura protettiva che li preservi dalla possibile infezione. "Le storie dei pazienti che muoiono da soli - ha detto il direttore dell'ospedale Ronni Gamzu - mi hanno scioccato sia come essere umano sia come dirigente medico. Nessuno dovrebbe morire da solo e l'Ichilov non permetterà più che accada. Credo che il resto del mondo seguirà il nostro esempio, come deve fare". Un obiettivo ancora più nobile, vista la penuria mondiale di attrezzature protettive e la crescita dei ricoveri. Ma la strada sembra aperta. Al Centro medico Sheba, a Tel Hashomer (sempre a Tel Aviv), è stato costruito, secondo i media, un box trasparente attorno al letto che permette la vista ma impedisce ai familiari del paziente l'infezione. In questa sorta di "tenda familiare" c'è anche un computer in cui i familiari possono comunicare con il loro congiunto e anche ricevere informazioni dai medici. All'ospedale 'Rambam' di Haifa si sta rivedendo, dopo l'iniziativa dell'Ichilov, l'intera procedura. Sagit Zeevi, direttore del dipartimento lavoro sociale della struttura, ha detto che a due famiglie è stato consentito di vedere i propri congiunti "con una chiamata video grazie all'aiuto dello staff medico". In un altro caso, un medico ha consentito ad una figlia di parlare al telefono con il padre che stava morendo. Anche l'Hadassah - il più grande ospedale di Gerusalemme - sta pensando a simili iniziative.
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