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FI alza la posta: 'Nessuna alternativa a Bardi e Cirio'

FI alza la posta: 'Nessuna alternativa a Bardi e Cirio'

Tajani: 'Sono i migliori candidati per vincere, hanno governato bene'

21 gennaio 2024, 14:25

di Michela Suglia

ANSACheck

Alberto Cirio e Vito Bardi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Alberto Cirio e Vito Bardi -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Alberto Cirio e Vito Bardi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il timone delle due regioni forziste, a breve alla prova elettorale, non si tocca. Il concetto, sottinteso nei giorni scorsi, diventa mantra. E ora il tono di Antonio Tajani si fa perentorio: "Per quanto ci riguarda, non esiste ipotesi alternativa" ai governatori uscenti in Basilicata e Piemonte. Per FI, Vito Bardi e Alberto Cirio saranno i candidati del centrodestra perché "sono in alta classifica, i migliori per vincere avendo governato bene", insiste il segretario azzurro da Torino. Archiviata dunque la partita per la Sardegna (la prima regione al voto, il 25 febbraio), Forza Italia alza la posta sulle prossime elezioni: non solo blinda la corsa al bis dei 'suoi' dal rischio di mire leghiste (con il nome di Pasquale Pepe, ex senatore e fedelissimo di Matteo Salvini). Ma affossa il piano B, di un candidato civico, che circola soprattutto in Basilicata. La Lega, in cerca di riscatto dopo aver ceduto sul governatore sardo Christian Solinas, è avvisata.

Il partito che sta per spegnere 30 candeline - ricordando, il 26 gennaio, l'annuncio della discesa in campo di Silvio Berlusconi nel '94 in un video che diventò storia - si mobilita. Per recuperare consensi e per difendersi dal fuoco alleato che cova sotto la cenere. Il battage è cominciato e coincide con la stagione dei congressi: da nord a sud, passando per la Capitale dove dovrebbe essere eletta Luisa Regimenti. Nel frattempo la tensione nel centrodestra resta viva, anche se poco loquace. Tace Matteo Salvini concentrato, da ministro dei Trasporti, sulla battaglia sui 30 km all'ora imposti alle auto a Bologna. Tanto che Nicola Fratoianni ironizza: "E' in difficoltà su tutto e si inventa nemici". E tace pure Fratelli d'Italia se non per confermare - così come fa anche Fi - il no al terzo mandato dei presidenti di regione: al momento non c'è nemmeno il doppio mandato per il capo del governo, figurarsi per un governatore, è il ragionamento. Ci punta invece la Lega che, maliziosamente, potrebbe almeno assicurarsi di nuovo Zaia in Veneto, anche se lì si voterà tra un anno. Chissà se il prossimo Consiglio dei ministri - probabilmente convocato giovedì - sbloccherà il tetto dei due mandati per i sindaci dei Comuni fino a 15 mila abitanti, che è stato stoppato la settimana scorsa ufficialmente perché finito in coda alla riunione.

Intanto per la coalizione parla FI. E per la prima volta a esporsi è Bardi: il generale della finanza voluto dal Cavaliere in Basilicata nel 2019 ammette che è pronto al bis. Sceglie il plurale per dirlo ("Ci candidiamo, come coalizione, per governare la prossima legislatura") convinto che "per cambiare rotta e vederne gli effetti occorre purtroppo più di qualche anno". Bardi lo dice rispondendo alla lettera aperta di uno studente che l'aveva interpellato sulla situazione delle famiglie povere. Che il suo nome non sia in discussione lo dice apertamente anche Licia Ronzulli: "La Basilicata è la nostra linea del Piave. Non possiamo tornare indietro", sentenzia la vicepresidente del Senato. Intoccabile è pure il piemontese Cirio. E' netto il ministro Paolo Zangrillo: "Nessuno l'ha mai messo in discussione, naturalmente non noi di FI ma neanche gli alleati". E proprio tra i forzisti cresce la suggestione di un altro colpo potenzialmente da centrare, anche se parecchio più lontano: quello di Urbano Cairo sindaco di Milano. All'editore e presidente del Torino, che non disdegna il sogno, arriva il misurato endorsement di Letizia Moratti ("Chi si mette a disposizione della propria città credo possa essere un valore aggiunto"). O quello più aperto dell'ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini: "Avrebbe tutte le caratteristiche per essere un leader vero" paragonandolo a Mario Draghi che "ha messo insieme la moderazione di destra e sinistra". 

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