di Alessandro Logroscino
David Cameron sbarra la strada ai disperati di Calais che alla spicciolata cercano d'infiltrarsi nell'Eurotunnel per raggiungere l'isola delle loro illusioni: la Gran Bretagna non diventerà "un paradiso sicuro" per i migranti.
Sono parole dure, che rimbalzano dall'Asia dove il premier conservatore è in visita d'affari. E si incrociano con una caduta di stile quando lo stesso Cameron liquida questi sventurati come "uno sciame di gente", attirandosi critiche nel Paese e fuori, inclusa una bacchettata dall'Onu.
Ma in fondo la sua è una scivolata che interpreta la pancia del Regno, almeno a leggere i titoli allarmistici e bellicosi di buona parte della stampa - fra recriminazioni nei confronti di Parigi e immagini di soldati alla frontiera - in risposta alle incursioni che continuano notte dopo notte dal versante francese della Manica. Nelle ultime ore il terminal d'accesso del tunnel subacqueo è stato invaso di nuovo da centinaia di persone sgusciate via dal precario accampamento di Calais. Gli agenti francesi ne hanno "intercettate" circa 300. Mentre almeno 8 persone sono state poi sorprese a bordo di un tir con targa slovena a un posto di blocco della polizia del Kent, nel sud dell'Inghilterra, lungo l'autostrada M20, congestionata come non mai a causa di disagi e controlli. Il flusso pare leggermente calato rispetto alle 1.500-2.200 persone coinvolte nel fuggi fuggi nei giorni scorsi. Il ministro dell'Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha inviato 120 tra poliziotti e gendarmi in più, dopo i contatti con la collega britannica Theresa May e sullo sfondo delle pressioni di Londra.
May ha confermato a sua volta nuovi fondi per barriere, reticolati e infrastrutture di contenimento, già consolidate nelle ultime settimane. Ma questo non basta a far fronte all'ostinazione di chi non vede alternative per sé o per la propria famiglia. Ieri un sans-papier egiziano di appena 17 anni è rimasto fulminato alla Gare du Nord mentre cercava di saltare clandestinamente su un Eurostar per Londra: ora è in prognosi riservata. E i morti in incidenti simili recenti sono stati una decina.
La stampa britannica, tuttavia, sembra mostrare più compassione per il leone Cecil, ucciso nello Zimbabwe da un dentista-bracconiere americano, piuttosto che per i migranti.
"La battaglia di Calais" viene descritta così, in termini militari. E i tabloid si scatenano, intimando quasi all'unisono al governo di "schierare l'esercito". Alcuni accusano la Francia di essere "impotente" e d'aver consentito "l'anarchia". Altri se la prendono con l'Ue, ma al contempo s'accorgono di un problema che non può essere affrontato - ammettono - se non a livello europeo. Persino un giornale paludato come il Daily Telegraph invoca i temibili reparti dei Gurkha nepalesi per "fermare l'immigrazione" alla frontiera, sulla scia del populista Nigel Farage. Mentre il Financial Times sottolinea i 250 milioni di sterline al giorno che il Regno Unito perde a causa di ritardi o cancellazioni imposte al turismo e al traffico merci.
E in questo contesto riecheggia la gaffe di Cameron sullo "sciame di gente" che arriva dal Mediterraneo. Frase senza intenti offensivi, assicura Downing street dinanzi allo sdegno ("parole irresponsabili e disumanizzanti") di attivisti che si occupano di diritti dei rifugiati. Il primo ministro "dovrebbe ricordare che sta parlando di esseri umani e non di insetti", lo rimbecca tuttavia la leader laburista Harriet Harman. Peter Sutherland, rappresentante dell'Onu per l'immigrazione internazionale, prova invece a dare ai fatti la loro dimensione.
A Calais, ricorda alla Bbc, ci sono 5-6.000 persone al massimo: cifra ben lontana dalle decine di migliaia che bussano alle porte di altri Paesi europei, Italia inclusa, e che non giustifica un dibattito dai toni a tratti isterici. Tanto più che quei migranti sono accampati "in condizioni terribili". E molti sono "rifugiati in fuga da persecuzioni".
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