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Gb: Camilla rinnega le pellicce, 'non le compro più'

Gb: Camilla rinnega le pellicce, 'non le compro più'

La regina sulle orme di Carlo III, il sovrano ambientalista

LONDRA, 15 maggio 2024, 12:33

Redazione ANSA

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La regina Camilla ha ufficialmente promesso di non acquistare più capi in pelliccia portando avanti così lo storico impegno ambientalista del sovrano Carlo III.
    Ancor di più se si considera che l'annuncio è passato dall'invio di una lettera all'associazione animalista Peta (People for the Ethical Treatment of Animals) contenente i calorosi auguri espressi a nome della famiglia reale. Immediata la risposta entusiasta della fondatrice e responsabile di Peta, Ingrid Newkirk, secondo cui la "monarchia in questo modo riflette i valori britannici riconoscendo che la pelliccia non ha posto nella nostra società".
    La rinuncia di Camilla arriva dopo la decisione già presa in questo senso dalla defunta regina Elisabetta II nel 2019 e segna un ulteriore impegno della Royal Family nell'ambito della difesa delle specie animali, insieme ad altre iniziative avviate in passato da Carlo, dell'erede al trono William e dal principe ribelle Harry. La decisione della regina e soprattutto quanto affermato dalla Peta ha sollevato però qualche malumore ai vertici della International Fur Federation, che rappresenta i produttori di pellicce. Per l'amministratore delegato Mark Oaten "è diritto di ognuno decidere cosa indossare" e "molte persone acquistano ancora pellicce perché preferiscono indossare qualcosa che sia naturale e sostenibile, a differenza di quelle finte a base di plastica". All'inizio dell'anno Stephen Fry, popolare attore del Regno e buon 'amico' dei reali di casa Windsor, aveva rilanciato la crociata animalista contro i celebri, altissimi colbacchi di pelo d'orso nero della Royal Guard britannica, simbolo da secoli dei riti della monarchia d'oltre Manica e delizia di frotte di turisti e visitatori che assistono alla liturgia del cambio della guardia a Buckingham Palace. Ma il ministero della Difesa si era limitato ad affermare che i copricapi in questione provengono da forme di "caccia legale e autorizzata".
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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