"Il Mediterraneo è un mare di vita e nel nostro Dna c'è la salvaguardia della vita umana: per noi arrivare prima che il peggio succeda è fondamentale, dobbiamo salvarli tutti". Sul ponte di nave San Giorgio a 50 miglia dalle coste della Libia, l'ammiraglio Mario Culcasi guarda i mezzi da sbarco portare nella pancia della nave gli ultimi 980 migranti salvati nel Mediterraneo, l'ennesimo carico umano che va a sommarsi alle migliaia di disperati già arrivati a terra.
A lui l'Italia ha affidato la guida di Mare Nostrum, la missione umanitaria nata dopo la strage di Lampedusa per fare in modo che quei 366 morti in fondo al mare fossero davvero gli ultimi. Una missione che costa al nostro paese 300mila euro al giorno e che non può fallire: perché vorrebbe dire altri morti e perché se si chiede all'Europa, a ragione, di contribuire al controllo delle sue frontiere esterne in maniera ben più concreta di quello che sta facendo ora, bisogna innanzitutto non tirarsi indietro di fronte alle proprie responsabilità.
Così nel canale di Sicilia l'Italia ha schierato 5 navi della Marina, oltre alle motovedette e ai pattugliatori di Guardia Costiera e Guardia di Finanza; e poi ancora elicotteri, aerei, con e senza pilota, anche un sottomarino. Ogni giorno, ormai da mesi, accade sempre la stessa cosa: vengono individuati i barconi, i migranti vengono soccorsi e trasferiti sulle navi per essere poi portati a terra. "E' uno sforzo significativo - conferma il comandante dell'ammiraglia della flotta, nave San Giorgio, Aldo Dolfini - con una sola parola d'ordine: 'mai più'. Dobbiamo fare di tutto affinché mai più si creino situazioni" che poi hanno portato al naufragio del 3 ottobre. Nella pancia della sua nave somali, eritrei, ghanesi, sudanesi, nigeriani, maliani, siriani stanno uno accanto all'altro: la metà sono senza scarpe; la maggior parte dorme esausta formando un enorme tappeto umano nel ponte garage. I bambini giocano e sembrano essere gli unici ad aver già cancellato la paura.
Dall'inizio dell'anno, Mare Nostrum ha salvato 19mila vite grazie all'impegno di centinaia di uomini e donne che lavorano senza sosta: non solo quelli cui spetta il recupero in mare ma anche medici, poliziotti, volontari. Perché una volta a bordo delle navi italiane i migranti vengono visitati, assistiti, identificati, in modo da snellire le procedure a terra. Finirà questo esodo? "Il flusso è continuo - risponde l'ammiraglio Culcasi - penso che ne avremo ancora per un po'".
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