Da novembre le aziende possono
licenziare liberamente con le regole antecedenti alla pandemia:
lo prevede il decreto fiscale, mettendo a rischio in pochi mesi
un milione di posti di lavoro. Lo denuncia la Confederazione
unitaria di base sottolineando che "mentre si discute
sull'obbligo del green pass, il governo ha liberalizzato i
licenziamenti per tutte le aziende senza che nessuno abbia
aperto bocca".
"Il rischio di un milione di posti è davvero concreto anche
se da molte parte, in particolare da Confindustria, tentano di
annacquare e di ridurre questo numero - sottolinea il segretario
nazionale della Cub, Walter Montagnoli -. Ma non è vero: le
imprese hanno licenziato sempre in questi mesi, con il decreto
da oggi si accelera questo processo. Bisogna scendere con forza
in piazza anche perché si aggiungono i mali contenuti nella
Finanziaria che porteranno la Cub e i sindacati di base a
manifestare di nuovo a novembre".
In particolare, l'art 13 del decreto prevede - viene
sottolineato - che le aziende dei settori tessile, calzaturieri,
moda e settori in crisi in cui i licenziamenti erano vietati
fino al 30 ottobre possono chiedere 9 settimane di Cassa
integrazione (Cig) per Covid. Per le aziende che hanno fino a 5
dipendenti e quelle del commercio, servizi e turismo, ovvero le
aziende che usano la Cig in deroga in cui i licenziamenti erano
vietati fino al 30 ottobre, possono chiedere 13 settimane di Cig
Covid. In tutti e due i casi se le aziende chiedono la Cig Covid
non possono licenziare per la durata della Cig altrimenti i
licenziamenti sono possibili. Inoltre il divieto di
licenziamento non si applica nei casi: di fallimento, di messa
in liquidazione e di cessazione di attività, di accordo
sindacale aziendale di incentivazione all'esodo a meno che non
ci sia un trasferimento di azienda o di ramo di azienda.
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