Il 15 gennaio 2015 l'ANSA ha compiuto settant'anni. Tanti ne sono passati da quando la prima notizia sui bombardamenti alleati in Germania, nelle battute finali della Seconda Guerra Mondiale, venne trasmessa. Da allora, giorno dopo giorno, la cooperativa nata per iniziativa dei quotidiani pubblicati nelle regioni liberate d'Italia tesse il racconto della storia, finendo per esserne in molti casi partecipe. Carlo Gambalonga, ex vicedirettore vicario dell'ANSA, ripercorre quei settant'anni come solo chi ci ha vissuto per quasi quarant'anni nell'agenzia può fare.
Il testo, in distribuzione dall'8 gennaio, non è però un libro di ricordi. In un anno di lavoro, tra ricerche documentali e interviste, il giornalista porta alla luce particolari inediti del passato dell'ANSA.
"E' il primo libro che racconta l'evoluzione dell'agenzia che è la metafora della storia d'Italia - spiega l'autore -. Non a caso, l'agenzia nasce dalla Liberazione, divenendo simbolo di indipendenza e obiettività. Ed ho scelto di dedicare il mio libro a due colleghi che non ci sono più, Pasquale Faiella e Francesco Marabotto, che rappresentano le due anime dell'ANSA: il primo l'impeto e la passione nel cercare le notizie, l'altro il rigore e la serietà nella loro divulgazione".
Dal debutto fino alla crescita che l'ha portata ad essere la quinta agenzia mondiale, Gambalonga ripercorre i vari spostamenti di sede, da quella in via di Propaganda che fu dell'agenzia Stefani fino a quella attuale di via della Dataria, dove già in un lontano passato - come ricorda il presidente dell'ANSA Giulio Anselmi nella prefazione - mentre dal Quirinale il papa governava, "il cardinale datario, due palazzi più in basso, a futura memoria, scriveva, scriveva, scriveva".
La rilevanza internazionale che l'agenzia assume è tale da essere, ad esempio, citata - rivela l'autore - nel romanzo 'Conversazione nella cattedrale', uno dei più noti di Mario Vargas Llosa. O da essere lodata da Luigi Compagnone per il suo linguaggio: "Se a Stendhal piaceva lo stile da codice civile - disse lo scrittore -, a me piace quello dell'ANSA. E' uno stile robotico". Una storia lunga, dalla prima direzione ufficiosa di Renato Mieli, di cui nel libro parla anche il figlio Paolo, alla lunga e fruttuosa stagione di Sergio Lepri, fino all'ultimo ventennio con le gestioni di Bruno Caselli, Giulio Anselmi, Pierluigi Magnaschi, Giampiero Gramaglia e Luigi Contu.
"L'aspetto speciale di lavorare in un'agenzia - sostiene l'attuale direttore - è che sei al centro, in diretta, di quello che accade nel mondo". Dal libro emerge il ruolo decisivo dell'ANSA nelle grandi emergenze, come ad esempio il disastro del Vajont, il terremoto in Irpinia o l'alluvione di Firenze, della quale il presidente Saragat viene a sapere attraverso l'agenzia. Oggi, inoltre, come dimostrano le notizie arrivate dai passeggeri della Concordia ancor prima che le istituzioni fossero informate, è diventata oggetto di interlocuzione diretta con l'utente finale. Tanti successi, a partire dalla notizia delle dimissioni di Papa Benedetto XVI data da Giovanna Chirri grazie alla sua conoscenza del latino, immagini divenute celebri e pubblicate nel libro, ma anche scelte difficili. Tra queste quella di pubblicare o meno il saluto agli italiani che re Umberto affidò all'ANSA dopo la sconfitta nel referendum del '46 o i primi documenti delle Brigate Rosse.
"In entrambi i casi la scelta fu quella di trasmettere tutto - ricorda l'autore -, sempre per spirito di servizio nei confronti degli italiani". Il libro, il quinto di Gambalonga, è un viaggio nelle notizie, ma anche in un mondo di professionisti: uomini e tante donne, con una presenza femminile forte ben prima che emergesse il dibattito sulle quote rosa nel Paese. Giornalisti in alcuni casi diventati famosi, ma - sottolinea l'autore - "spesso sconosciuti ai più, che lavorano per le notizie e non per la firma e servono il Paese nell'anonimato".
Con delle eccezioni, come nel caso del corrispondente da Berlino Riccardo Ehrman, portato in trionfo durante le celebrazioni per la caduta del Muro perché riconosciuto come colui che fece in tv la domanda da cui scaturì l'annunciò dell'apertura delle frontiere. "E' l'episodio che mi ha colpito di più - sottolinea Gambalonga -, perché ha costituito un piccolo riscatto per tutti. E' come se, insieme lui, fossero stati portati sulle spalle tutti i giornalisti dell'ANSA".
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