- La sua ultima maglia, la numero 10, divenne il sudario della storia del pallone. Era il 28 agosto 1977 quando Pelé smise di incantare il mondo. L'ultimo spettacolo di Pelé, il documentario in onda in prima visione assoluta domenica 20 maggio alle 21.15 su Sky Arte HD (canale 120 e 400 di Sky), è un viaggio in quell'ultima partita, in quel lungo addio raccontato da chi c'era e da chi, il giocatore ventenne più sconosciuto al mondo, marcò il brasiliano e con lui un'epoca intera. A 40 anni di distanza, il documentario di Emanuela Audisio e Matteo Petrono racconta gli ultimi 90 minuti del primo vero dio del calcio moderno.
A Portland, in Oregon, davanti a poco più di 35 mila spettatori, il re del calcio gioca l'ultima partita da professionista di una prodigiosa carriera. Edison Arantes do Nascimento, per tutti Pelé, ha quasi 37 anni, veste la maglia dei Cosmos di New York, ha il fisico logoro, 20 stagioni di gloria sulle spalle e una dorata pensione all'orizzonte. Quel giorno non lascia il segno e chiude la sua carriera senza segnare neanche un gol, lui che ne ha realizzati più di mille. A domare i Seattle Sounders nel Soccer Bowl, la finale del campionato nordamericano, provvedono l'inglese Steve Hunt e l'italiano Giorgio Chinaglia, ma alla fine a esser portato in trionfo sulle spalle dei compagni è "O Rei", il fuoriclasse brasiliano che dopo aver vinto tre Mondiali e fatto innamorare il mondo, provò a sedurre invano anche l'America.
Ma è in quella sfida di Portland, sopravvissuta sui vhs ingialliti di Youtube, che cala davvero il sipario sul mito del numero dieci più famoso della storia.
Il racconto parte dalla testimonianza del giocatore che in quella sfida marcò Pelé e lo inseguì fin quasi dentro gli spogliatoi per chiedergli la maglia inzuppata di sudore. Jimmy McAlister era una giovane promessa del soccer reclutata in un liceo di Seattle. Fu premiato come matricola dell'anno e strappò a Pelé il riconoscimento quale difensore più ostico della sua esperienza americana. Lo ritroviamo oggi, sessantenne, direttore tecnico delle squadre giovanili dei Seattle United. I Cosmos erano la squadra dei divi, delle celebrità, degli artisti del pallone. In squadra con Pelé c'erano Franz Beckenbauer, Carlos Alberto e Chinaglia. Avevano il charter, viaggiavano in prima classe, all'allenamento andavano in limousine e allo Studio 54 avevano sempre un tavolo prenotato. Quella fu un'annata speciale durante la quale Mick Jagger, Robert Redford, Andy Warhol e persino il presidente Gerald Ford facevano la fila per farsi fotografare con la squadra di Pelé.
Ma il Cosmos Country non decollava: dovette intervenire l'allora segretario di Stato Henry Kissinger, perché Pelé non poteva lasciare il suo Paese senza il consenso del suo governo. Pelé cambio tutto: ebbe un contratto da performing artist, portò spettatori, curiosità, fama e glamour. Il documentario è anche un viaggio nella nostalgia e nel mercato dei memorabilia del calcio che su quella nostalgia ha costruito una fortuna. Nel 2002 la maglia che Pelé indossò nella finale Mondiale del '70 è stata venduta da Christie's per 260 mila euro, messa all'asta dall'ex difensore azzurro Roberto Rosato, anche lui come Jimmy McAlister aggrappato fino all'ultimo al dio brasiliano pur di strappargli la maglia ricordo. Poi l'intera collezione privata di Pelé (maglie, trofei, foto, oggetti personali, circa 2mila pezzi) è stata battuta all'asta per 4,2 milioni di euro dagli specialisti americani della Julien's Auction. Anche se priva di quell'ultima casacca verde dei Cosmos rimasta per sempre a Seattle.
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