Una famiglia siriana che vive sotto il controllo dell'Isis e che finalmente riesce a fuggire in Turchia. E' questo l'approccio che i documentaristi Sebastian Junger (Restrepo-Inferno in Afghanistan, candidato agli Oscar come miglior documentario e vincitore di un Emmy) e Nick Quested hanno voluto dare al loro documentario, Inferno sulla terra: Il crollo della Siria e il potere dell'Isis, in onda il 13 giugno su National Geographic (canale 403 di Sky), alle 20:55.
Il film cerca di fare chiarezza su una delle guerre più violente e sanguinarie degli ultimi anni, una guerra che sta provocando migliaia di morti e l'esodo biblico verso l'Occidente che stiamo vivendo. Cosa differenzia il lavoro dei due filmmaker da quanto visto in precedenza è il fatto che a girare il documentario non sono stati professionisti ma semplici cittadini, vittime siriane costrette a vivere quell'inferno sulla terra. "Il nostro approccio è stato dettato da due motivi, entrambi importanti - dice Junger - Il primo è che oggi come oggi per un giornalista occidentale entrare in Siria per documentare la guerra è una missione suicida. Ogni persona che ha tentato di farlo è stata rapita e spesso uccisa. E' così che si finanza l'Isis, con i rapimenti, oltre che con il petrolio e con la vendita di oggetti d'arte. La seconda ragione è che il racconto fatto da un elemento esterno è per forza di cose diverso da quello fatto dai protagonisti di quegli eventi".
Inferno Sulla Terra cattura un ritratto unico della vita in Siria durante la guerra, i combattenti curdi di Sinjar e Shia nelle milizie in Iraq e anche i combattenti affiliati di al-Qaida nei dintorni di Aleppo e Raqqa. Junger e Quested identificano meticolosamente le forze che hanno portato al conflitto mortale in Siria facilitando l'aumento degli islamisti radicali che stanno ora organizzando le operazioni terroristiche in tutto il mondo. "La guerra in Siria - sottolinea ancora il documentarista - è frutto di due fenomeni: l'intervento Usa in Iraq del 2003 e la Primavera Araba del 2011. Il tiranno siriano Assad ha avuto il tempo di vedere cosa è successo ai protagonisti di allora. Sapeva che se avesse negoziato con i ribelli sarebbe stata la fine, inoltre aveva e ha il supporto dell'Iran e gli Hezbollah a disposizione e quindi le cose in Siria si sono ulteriormente complicate, rispetto ad altre aree del Medioriente. Assad ha amici potenti e ha deciso di non combattere Isis e anzi di fare in modo che fosse un alleato contro la formazione di un eventuale governo appoggiato dall'Occidente".
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