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Il caso Kaufmann, in scena la condanna dell'indifferenza

Il caso Kaufmann, in scena la condanna dell'indifferenza

Maccarinelli dirige Branciaroli nel testo da romanzo di Grasso

ROMA, 15 ottobre 2023, 09:59

Redazione ANSA

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1941, Monaco di Baviera. Cella di massima sicurezza nel carcere di Stadelheim. Un condannato a morte alla vigilia dell'esecuzione chiede di poter vedere il cappellano. "Ma a che le serve un prete? Lei è ebreo!", si stupisce la guardia. La verità è che Leo Kaufmann, anziano ex presidente della comunità ebraica di Norimberga, non ha alcuna intenzione di abbandonare il suo credo in punto di morte, ma spera di far recapitare un messaggio di addio. Inizia così Il caso Kauffman, spettacolo che Piero Maccarinelli ha tratto dal pluripremiato romanzo di Giovanni Grasso (ed. Rizzoli), al debutto al Sociale di Brescia dal 17 al 22 ottobre e poi titolo d'apertura della nuova stagione del Parioli di Roma, dal 24 al 29 ottobre (poi Torino e Verona). Protagonista, Franco Branciaroli con Viola Graziosi e Graziano Piazza, accanto a Franca Penone, Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin, Andrea Bonella. Una storia realmente accaduta, nella Germania anni '30, alla vigilia dei giorni più bui del Novecento (protagonisti furono Leo Katzenberger e Irene Seidel). "Le leggi razziali impedivano la commistione tra ebrei e ariani - spiega Branciaroli all'ANSA - E Kaufmann è un sessantenne, ebreo, che accoglie in casa la giovane figlia, ariana, di un amico. Ne è conquistato, anche se nulla accade fra loro. Ma verrà comunque punito". "Molti sono i testi che ci hanno parlato di quello che è successo al popolo ebraico - racconta Maccarinelli - L'indagine a cui ci spinge Grasso è quella della banalità del male nella quotidiana delazione, nella fabbricazione di prove inesistenti, nel sadismo della costruzione di fatti mai accaduti. Nel saggio Come si diventa nazisti, William Sheridan Allen sostiene che il primo sintomo è l'indifferenza, o meglio, il non voler vedere piccoli torti subiti da altri. Ecco, questo è uno spettacolo sulla maldicenza e sulla banalità del male, quella che ci ha insegnato Hannah Arendt".
   

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