L'eternità per una diva non abita per forza in un mausoleo. Non aveva dubbi Valentina Cortese, la divina del cinema italiano anni '40, la signora delle scene teatrali, morta nel 2019, quando decise che la sua eredità materiale, doveva liberarsi nell'aria, leggera come lei, e trasformarsi in aiuti concreti per due realtà a cui teneva tanto, quello della ricerca e quello dei giovani. E attraverso un'asta. Dai mitici foulard annodati come turbanti, al guardaroba da favola per la vita e per le scene, fino agli arredi di casa, piena di ricordi, copioni, foto, dediche, tutto il suo mondo sta infatti per andare all'incanto e il ricavato devoluto all'Istituto Mario Negri per qualche progetto di ricerca oncologica e al Piccolo Teatro di Milano per finanziare anche borse di studio per giovani attrici della scuola. "L'interesse per questo evento sta superando le nostre aspettative e quello che ci ha sorpreso di più è che in tanti si ricordassero di una persona mancata a 96 anni e dopo anni che si era ritirata dalle scene, si stanno facendo avanti numerosi benefattori che hanno capito perfettamente il suo messaggio", racconta Carlo Severgnini, presidente del Trustee del Valentina Cortese Family Trust che si occupa dell'eredità e ha curato, insieme a Lorenza Rotti, l'inventario dei beni dell'attrice, in vista dell''asta l'1 e il 2 marzo. "Abbiamo applicato la volontà della signora Valentina che ha sempre parlato di un'asta, dandoci indicazioni su come provvedere - aggiunge sgomberando il campo da alcune polemiche dei giorni scorsi - L'inventario era stata fatto, analitico, precisissimo, ancora lei vivente e quando è mancata siamo stati bloccati dal Covid, ora finalmente ci siamo anche se ancora in coda alla buriana della pandemia". L'incanto, curato dalla Casa d'Aste Il Ponte, sarà infatti da remoto, mentre si potrà visitare fisicamente l'esposizione dei beni, a Palazzo Crivelli, a Milano dal 25 al 27 febbraio, in concomitanza con la Fashion Week per la presentazione delle collezioni donna. Tra gli abiti all'asta, alcuni di gala di Roberto Capucci, tra gli arredi una Pendola a lira con cassa in porcellana di Sèvres rosa e bronzi dorati, la foto autografata di Fred Astaire. "Valentina non ha mai dato indicazioni diverse, non ha mai voluto trasformare la sua casa in un mausoleo - ha aggiunto Lorenza Rotti - Le sue indicazioni per il dopo Valentina non hanno mai riguardato la sua personalità, la sua eleganza era un contorno per lei, ma lei non aveva il culto di una sé stessa da mettere in un museo a lei dedicato, ha destinato le sue cose a qualcosa che va avanti". Una decisione rafforzata soprattutto dopo la perdita dell'unico figlio, Jackie Basehart, nel 2015. Se molti suoi oggetti finiranno quindi in case private, non è escluso che una buona parte, come ha spiegato Severgnini, venga invece acquistati da benefattori 'che poi li doneranno ad enti o musei che possano conservarli in modo più pubblico"
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