di Marzia Apice
ELVIRA MORENA, LE SOLITE NOTTI
(Marlin Editore, pp.256, 14.90 Euro). Una donna, Flora nella
realtà o Audrey nel sogno, che fa della strada la sua casa e del
corpo, ogni notte, il suo lavoro. Attorno a lei, che sembra un
fiore malconcio in un contesto degradato di desolante
rassegnazione, una schiera di personaggi a cui non ci si
affeziona: omuncoli che si impongono vigliaccamente,
schiacciando l'altro (più spesso l'altra) con il potere dei
soldi o della violenza, e donne smarrite e sole, indifese, a
tratti disinteressate alla propria stessa sottomissione. E poi
sullo sfondo appare la città, testimone indifferente e
privilegiato di una vita che scorre tra riflessioni amare e
sordidi ambienti, mentre si allontana la speranza di un riscatto
possibile. È cupa l'atmosfera de "Le solite notti", romanzo di
Elvira Morena in libreria con Marlin Editore.
La storia, amara ma con una sottile traccia di delicatezza,
inizia nel Sud Italia: qui la giovane Flora, che da sempre
immagina se stessa nei panni di Audrey Hepburn, lascia il paese
natio senza prospettive né futuro ed emigra al Nord. Dopo un
breve periodo da commessa, entra nel giro della prostituzione
affidandosi al "protettore" Peppe, che, a sua volta, si appoggia
a Rosario, potente boss della zona. Ormai rassegnata a fare la
squillo ma ancora capace di sognare un futuro diverso, Flora si
innamora di un reporter e in lui ripone una speranza che viene
irrimediabilmente delusa. Ancora una volta il destino le volta
le spalle, per metterla di nuovo alla prova, soprattutto quando
la ragazza dovrà trovare il modo di evitare la galera e di
diventare di proprietà del boss...
Lo stile personale dell'autrice rende senza dubbio interessante
la lettura del romanzo, al di là della trama stessa. Nelle
pagine emerge la riflessione sul potere, su come esso possa
avere una forza in grado di annientare una persona, ma anche su
quanto possa essere labile ed effimero. Quello che poi sorprende
è il lavoro sul linguaggio: pur essendo questo lontano
dall'immediatezza del parlato, palesemente costruito e più volte
ricco di metafore, tuttavia restituisce sulla pagina il "sapore"
autentico di un ambiente specifico come quello della
prostituzione e, in senso lato, della malavita, e della mente di
Flora/Audrey. Come se la realtà avesse bisogno di una
trasfigurazione per essere raccontata in modo autentico. Lo
stesso vale per Flora il cui carattere contraddittorio -
luminoso e opaco, libero e in catene al tempo stesso - l'autrice
delinea con cura sottolineando come per questo personaggio
l'estrema attitudine all'immaginazione sia un modo non per
fuggire alla realtà ma per sopravviverle.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA