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Beppe Fenoglio 100 anni, testimone di una stagione

Beppe Fenoglio 100 anni, testimone di una stagione

la Resistenza come lotta esistenziale e generazionale

ROMA, 01 marzo 2022, 09:58

Redazione ANSA

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(di Paolo Petroni) ''Il libro che la nostra generazione voleva fare adesso c'è e il nostro lavoro ha un coronamento'', scrive Italo Calvino alla pubblicazione di ''Una questione privata'' di Beppe Fenoglio, di cui ora si celebrano i cento anni dalla nascita il primo marzo 1922 a Alba. Il romanzo, storia d'amore, gelosia e amicizia del partigiano Milton durante la Resistenza, uscì due mesi dopo la morte il 18 febbraio 1963 dell'autore alla viglia di compiere 41 anni, e calvino aggiungeva: ''Solo ora, grazie a Fenoglio possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è esistita'', intendendo che col lavoro di questo scrittore si conclude una stagione narrativa in cui sono confluite le ragioni ideologiche, umane e letterarie di una preciso e significativo periodo storico.
    Proprio in questo, nel suo saper fare di una questione privata, della tensione etica di un animo solitario e la necessità di azione che lo lega agli altri, un qualcosa che acquista valenza generazionale e soprattutto umanamente generale, sta il valore dell'opera di Fenoglio, con al centro ''Il partigiano Johnny'' e gli altri libri legati alla sua esperienza di combattente nella lotta di Liberazione.
    Più di Meneghello, suo coetaneo di cui pure si è celebrato da poco il centenario, più di tanti altri libri e memorie su quella stagione di Resistenza armata, il lavoro di Fenoglio ne è diventato col tempo il riferimento letterario alto e principale, col suo senso esistenziale aldilà della lotta e fuor di ogni retorica come in assenza di adesione al filone principale delle celebrazioni postbelliche. Si pensi che Fenoglio combatte nelle file badogliane e che il suo primo libro voleva intitolarlo ''Racconti di guerra civile'', quando questa definizione era tabù, non ancora sdoganata, nel 1991 e sempre tra le polemiche, dal saggio dello storico Claudio Pavone. Così, alla uscita del libro nel 1952 con al centro la liberazione nell'ottobre 1944 dal giogo nazifascista per tre settimane della sua cittadina natale e il titolo imposto de ''I ventitre giorni della città di Alba'', tutto ciò gli causò critiche ideologiche impietose e su ''l'Unità'' venne attaccato senza mezzi termini in un corsivo non firmato: ''Pubblicare e diffondere questo tipo di letteratura significa non soltanto falsare la realtà, significa sovvertire i valori umani e distruggere quel senso di dirittura e onestà morale di cui la tradizione letteraria può farsi vanto''.
    L'attenzione vera e il successo arrivò così solo anni dopo la sua morte, quando finalmente fu pubblicato, nel 1968, anche ''Il partigiano Johnny'' . Il romanzo, non finito e ricco di correzioni e varianti e con due finali diversi su cui filologi e critici hanno lavorato a lungo, riprende la vicenda dei ''Ventitre giorni della città di Alba'' e si può dire prosegua ''Primavera di bellezza'', uscito nel 1959 con la storia del servizio militare, lo sbandamento dell'otto settembre e l'inizio della vita partigiana di un giovane studente soprannominato Johnny per il suo amore per la lingua e la letteratura inglese.
    Questi ora, dopo una prima esperienza, aspra e tragica con una formazione comunista rossa, di cui non condivide l'ideologia, passerà con gli azzurri badogliani, coi quali vivrà il durissimo inverno del 1944 nascosto in montagna, sempre in fuga sino ad arrivare dalle langhe sulle alpi liguri, attendendo la primavera per riprendere l'azione.
    E' questa parte la più bella, sofferta e intensa nell'essere partecipe della natura, dei boschi, del vento e della neve, in cui la lotta, che è alla fine quella stessa dell'esistenza, evidenzia il senso alto e generazionale della crisi esistenziale di questo giovane in cerca di una propria identità ben oltre una partecipazione ideologica o etica, tutto narrato tra cronaca e storia, in un tono quotidiano che trova momenti epici, in un gioco tra narrazione realistica e uso dell'allegoria, con una lingua essenziale, ma mai aspra, anzi sempre forte e con un suo calore e poesia. Al romanzo seguiranno, ritrovati, molti racconti e uscirà infine un altro romanzo, ''La paga del sabato'' risalente agli anni '40, più volte rielaborato, sulla difficoltà di riadattamento alla vita normale dopo la lotta partigiana. Nel 1978 esce quindi l'edizione critica di tutte le sue opere, a cura di Maria Corti.
    Fenoglio, figlio di un macellaio di Alba, deve alla madre l'aver continuato gli studi sino a iscriversi nel 1940 alla facoltà di Lettere all'Università di Torino, che frequentò fino al 1943, quando fu richiamato alle armi e avviato a un corso di allievi ufficiali dove lo colse l'8 settembre del 1943. Sin dal liceo, ottimo alunno e divoratore di libri, si appassionò alla lingua e alla letteratura inglese, cominciando anche a fare alcune traduzioni. Gran fumatore ebbe presto gravi problemi respiratori e di cuore che alla fine gli costarono la vita. Nel 2005 gli venne attribuita Honoris causa post mortem a Torino quella Laurea in Lettere che non era riuscito a prendere.
   
   

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