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Marietti 1820, tornano le lezioni di Parole in viaggio

Marietti 1820, tornano le lezioni di Parole in viaggio

Appuntamento a Bologna con Roberto Farné sul tema educazione

ROMA, 06 ottobre 2020, 11:36

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Riprendono giovedì 8 ottobre alle 17 nella sala dello Stabat Mater della Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, in piazza Galvani 1, le lezioni dell'iniziativa "Parole in viaggio", organizzata da Marietti 1820 per celebrare i duecento anni della casa editrice (ingresso libero, prenotazione obbligatoria all'indirizzo https://www.mariettieditore.it/bicentenario/parole-in-viaggio/pr enotazione-bologna).
    Il primo dei tre appuntamenti bolognesi, dedicato alla parola Educazione, è affidato a Roberto Farné, professore ordinario di Didattica generale all'Università di Bologna. I suoi campi di studio e di ricerca riguardano principalmente il rapporto tra l'educazione e i media, la pedagogia del gioco e dello sport.
    Con Marietti 1820 ha pubblicato Abbecedari e figurine. Educare con le immagini da Comenio ai Pokémon (2019) e ha curato l'introduzione al libro di Giampaolo Dossena Abbasso la pedagogia (2020).
    Le lezioni bolognesi avvengono in occasione della mostra Marietti 1820-2020. Due secoli di libri da Torino a Bologna, aperta fino al 29 novembre nel quadriloggiato superiore dell'Archiginnasio per iniziativa della casa editrice in collaborazione con la Biblioteca dell'Archiginnasio e la Biblioteca dello Studentato delle missioni, il patrocinio dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna e il sostegno di Bper Banca, Emmepromozione, Edimill, Tuna bites e Libreriecoop (da lunedì a venerdì 9-19, sabato 9-18, domenica 10-14, ingresso libero, informazioni sui siti www.mariettieditore.it/bicentenario e www.archiginnasio.it).
    Educazione Roberto Farné L'educazione è un argomento che non si sa da che parte prendere e quando si cerca di prenderlo da una parte sfugge dall'altra.
    Dunque, limitiamo il campo: parliamo dell'educazione intenzionale, cioè di tutti i contesti dove l'educazione è definibile sulla base di una relazione interpersonale e di una trasmissione culturale, quindi la famiglia, la scuola, il gruppo sportivo, la parrocchia, il gruppo scout ecc. Escludiamo quindi tutte le esperienze basate sulla socializzazione libera, sulle relazioni informali, dove cioè avviene educazione ma non all'interno di quello che viene definito "setting educativo".
    Sarebbe interessante ragionare su quanto pesino l'una e l'altra educazione nella formazione del soggetto, ma questo discorso ci porterebbe lontano… Tutti (o quasi) concordano su due considerazioni: la prima, l'educazione, insieme alla salute, è la cosa più importante che una società civile dovrebbe curare, ne va del suo futuro. La seconda, l'educazione è in crisi e se ne vedono i segni più marcati nella fragilità della famiglia, nella perdita di autorevolezza pedagogica della scuola. Per cogliere lo stato di criticità del sistema educativo bisognerebbe sapere se c'è stato un momento in cui non era, o non appariva in crisi.
    L'ostentazione di un sistema educativo solido e forte lo abbiamo avuto con il Fascismo e in tutti i regimi di tipo autoritario e totalitario. Ce ne siamo liberati e abbiamo liberato l'educazione; non è certo a quel sistema che guardiamo per risollevare l'educazione dalle sue criticità.
    Proviamo a guardare il problema da un altro punto di vista: se dovessimo definire l'educazione (fuori da ogni discorso filosofico) essa altro non è che un processo di cambiamento che, in un determinato arco di tempo, porta un soggetto a passare dallo stato di immaturità, progressivamente a quello di maturità, da un prevalente stato di dipendenza a un prevalente stato di autonomia. Nel mondo animale questa "infanzia" è un periodo breve, nell'uomo è molto lungo, di qui anche il suo vantaggio in termini evolutivi. Io non credo nel concetto di "educazione permanente", che vorrebbe dire sottostare per tutta la vita a una dipendenza educativa. La persona ad un ceto punto deve sentire il bisogno di liberarsi dell'educazione, guadagnare la propria autonomia ed assumere lui stesso una funzione/responsabilità educativa verso i soggetti più giovani (a partire dai suoi stessi figli, se ne avrà). Altra cosa è l'apprendimento: questo sì che è permanente, poiché si impara per tutta la vita, ciò che si ritiene necessario imparare o che interessa imparare, anche per puro piacere. A posteriori, il risultato di una buona educazione è anche se avrà trasmesso questo desiderio di continuare ad imparare.
    Gestire un processo di cambiamento dunque, questo è ciò che tocca fare all'educazione, un cambiamento che accompagna lo sviluppo naturale psicofisico della persona e che non si limita a riprodurre uno status da una generazione all'altra, come in una sorta di circuito chiuso, ma in un percorso a spirale, ricorsivo ma aperto. L'idea che ho maturato, dopo aver fatto il mestiere di educatore per 10 anni e aver fatto poi, come pedagogista, dell'educazione il mio campo di studio e di ricerca, è che l'educazione vive uno stato fisiologico di crisi, perché i processi di cambiamento sono per loro natura difficili, richiedono continuamente delle scelte e delle decisioni (è questo il significato a cui rimanda la parola greca κρίσις), la gestione di conflitti, le esperienze della libertà e del rischio. Questo si impara (si dovrebbe imparare) fin da bambini.
    Altra cosa è la crisi di governance dell'educazione, se ci riferiamo ai modelli istituzionali, agli stili, alle relazioni che hanno il compito a vari livelli di gestire l'educazione. Se la crisi dell'educazione è salutare nel suo pur difficile percorso di cambiamento che vede al centro la formazione del soggetto, la crisi della sua gestione può essere patologica poiché insicura e fragile nei ruoli e nelle professionalità, burocratica e impersonale, povera di risorse, incapace di far fronte alle diseguaglianze.
   

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