Riprendono giovedì 8 ottobre alle 17
nella sala dello Stabat Mater della Biblioteca
dell'Archiginnasio di Bologna, in piazza Galvani 1, le lezioni
dell'iniziativa "Parole in viaggio", organizzata da Marietti
1820 per celebrare i duecento anni della casa editrice (ingresso
libero, prenotazione obbligatoria all'indirizzo
https://www.mariettieditore.it/bicentenario/parole-in-viaggio/pr
enotazione-bologna).
Il primo dei tre appuntamenti bolognesi, dedicato alla parola
Educazione, è affidato a Roberto Farné, professore ordinario di
Didattica generale all'Università di Bologna. I suoi campi di
studio e di ricerca riguardano principalmente il rapporto tra
l'educazione e i media, la pedagogia del gioco e dello sport.
Con Marietti 1820 ha pubblicato Abbecedari e figurine. Educare
con le immagini da Comenio ai Pokémon (2019) e ha curato
l'introduzione al libro di Giampaolo Dossena Abbasso la
pedagogia (2020).
Le lezioni bolognesi avvengono in occasione della mostra
Marietti 1820-2020. Due secoli di libri da Torino a Bologna,
aperta fino al 29 novembre nel quadriloggiato superiore
dell'Archiginnasio per iniziativa della casa editrice in
collaborazione con la Biblioteca dell'Archiginnasio e la
Biblioteca dello Studentato delle missioni, il patrocinio
dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della
Regione Emilia-Romagna e il sostegno di Bper Banca,
Emmepromozione, Edimill, Tuna bites e Libreriecoop (da lunedì a
venerdì 9-19, sabato 9-18, domenica 10-14, ingresso libero,
informazioni sui siti www.mariettieditore.it/bicentenario e
www.archiginnasio.it).
Educazione
Roberto Farné
L'educazione è un argomento che non si sa da che parte prendere
e quando si cerca di prenderlo da una parte sfugge dall'altra.
Dunque, limitiamo il campo: parliamo dell'educazione
intenzionale, cioè di tutti i contesti dove l'educazione è
definibile sulla base di una relazione interpersonale e di una
trasmissione culturale, quindi la famiglia, la scuola, il gruppo
sportivo, la parrocchia, il gruppo scout ecc. Escludiamo quindi
tutte le esperienze basate sulla socializzazione libera, sulle
relazioni informali, dove cioè avviene educazione ma non
all'interno di quello che viene definito "setting educativo".
Sarebbe interessante ragionare su quanto pesino l'una e l'altra
educazione nella formazione del soggetto, ma questo discorso ci
porterebbe lontano…
Tutti (o quasi) concordano su due considerazioni: la prima,
l'educazione, insieme alla salute, è la cosa più importante che
una società civile dovrebbe curare, ne va del suo futuro. La
seconda, l'educazione è in crisi e se ne vedono i segni più
marcati nella fragilità della famiglia, nella perdita di
autorevolezza pedagogica della scuola. Per cogliere lo stato di
criticità del sistema educativo bisognerebbe sapere se c'è stato
un momento in cui non era, o non appariva in crisi.
L'ostentazione di un sistema educativo solido e forte lo abbiamo
avuto con il Fascismo e in tutti i regimi di tipo autoritario e
totalitario. Ce ne siamo liberati e abbiamo liberato
l'educazione; non è certo a quel sistema che guardiamo per
risollevare l'educazione dalle sue criticità.
Proviamo a guardare il problema da un altro punto di vista: se
dovessimo definire l'educazione (fuori da ogni discorso
filosofico) essa altro non è che un processo di cambiamento che,
in un determinato arco di tempo, porta un soggetto a passare
dallo stato di immaturità, progressivamente a quello di
maturità, da un prevalente stato di dipendenza a un prevalente
stato di autonomia. Nel mondo animale questa "infanzia" è un
periodo breve, nell'uomo è molto lungo, di qui anche il suo
vantaggio in termini evolutivi. Io non credo nel concetto di
"educazione permanente", che vorrebbe dire sottostare per tutta
la vita a una dipendenza educativa. La persona ad un ceto punto
deve sentire il bisogno di liberarsi dell'educazione, guadagnare
la propria autonomia ed assumere lui stesso una
funzione/responsabilità educativa verso i soggetti più giovani
(a partire dai suoi stessi figli, se ne avrà). Altra cosa è
l'apprendimento: questo sì che è permanente, poiché si impara
per tutta la vita, ciò che si ritiene necessario imparare o che
interessa imparare, anche per puro piacere. A posteriori, il
risultato di una buona educazione è anche se avrà trasmesso
questo desiderio di continuare ad imparare.
Gestire un processo di cambiamento dunque, questo è ciò che
tocca fare all'educazione, un cambiamento che accompagna lo
sviluppo naturale psicofisico della persona e che non si limita
a riprodurre uno status da una generazione all'altra, come in
una sorta di circuito chiuso, ma in un percorso a spirale,
ricorsivo ma aperto. L'idea che ho maturato, dopo aver fatto il
mestiere di educatore per 10 anni e aver fatto poi, come
pedagogista, dell'educazione il mio campo di studio e di
ricerca, è che l'educazione vive uno stato fisiologico di crisi,
perché i processi di cambiamento sono per loro natura difficili,
richiedono continuamente delle scelte e delle decisioni (è
questo il significato a cui rimanda la parola greca κρίσις), la
gestione di conflitti, le esperienze della libertà e del
rischio. Questo si impara (si dovrebbe imparare) fin da bambini.
Altra cosa è la crisi di governance dell'educazione, se ci
riferiamo ai modelli istituzionali, agli stili, alle relazioni
che hanno il compito a vari livelli di gestire l'educazione. Se
la crisi dell'educazione è salutare nel suo pur difficile
percorso di cambiamento che vede al centro la formazione del
soggetto, la crisi della sua gestione può essere patologica
poiché insicura e fragile nei ruoli e nelle professionalità,
burocratica e impersonale, povera di risorse, incapace di far
fronte alle diseguaglianze.
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