'Magma' dai vulcani laziali in mostra
a Tarquinia, fino al venti dicembre, nel laboratorio open space
- nel pieno centro medievale - di Marco Vallesi, poliedrico
artista della Tuscia, che da anni sta sperimentando cotture di
materiale lavico ad altissima temperatura, oltre i 1300 gradi,
per rimpastare nei forni più diversi i materiali espulsi dai
crateri sotterranei di cui l'alto Lazio e la bassa Toscana, suoi
territori di ispirazione, sono variamente ricchi. Hanno così
ripreso nuova vita, mescolandosi tra loro in inedite genesi e
forme, il tufo, il peperino, la basalina, il caolino e un vasto
assortimento di rocce nate dal fuoco e dai moti lavici che hanno
percorso l'area delle antiche città etrusche. Tarquinia, certo,
ma anche Cerveteri, Vulci ed Orvieto.
Vallesi è letteralmente andato a caccia di quelli che lui
chiama "prodotti vulcanici" stanandoli e riconoscendoli
nell'arco di una lunga ricerca. Avventurandosi sui monti della
Tolfa, sui monti Vulsini e lungo il lago di Bolsena, sui monti
Cimini e il lago di Vico, sui monti Sabatini e il lago di
Bracciano. "L'idea di 'ricombinare' il magma portato in
superficie dai vulcani della nostra zona - spiega Vallesi
parlando di queste singolari sculture forgiate nel caldo
primordiale - è nata proprio dalla considerazione che, superando
la temperatura di fusione dei singoli materiali, si potevano far
'dialogare' i vulcani laziali attraverso gli stessi smalti
ceramici che, nel processo di rifusione, si sarebbero formati,
magari interagendo anche con altre materie 'territoriali' come
rocce sedimentarie, ceneri, sabbie e argille". "La ricerca è
cominciata miscelando polveri di rocce reperite nelle cave o
trovate in anfratti scoscesi, in riva al mare o casualmente sul
bordo di una strada: ho fatto centinaia di cotture in diverse
condizioni - prosegue Vallesi - per verificare la diversità e la
compatibilità estetica dei materiali utilizzando forni
elettrici, a gas e a legna, e questa sperimentazione può essere
arricchita da un numero infinito di variabili".
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