(ANSA) VENEZIA, 23 MAG- Varchi la soglia del Padiglione tedesco
e ti trovi davanti un muro. Nero, denso, opprimente, un"striscia
di morte" come lo chiamavano allora a Berlino, un qualcosa che
chiude tutto. Poi trovi il coraggio di avanzare e piano piano
davanti ai tuoi occhi quello che sembrava un muro, si dissolve.
arriva la luce e dietro quelle lame che sembravano un muro
appaiono i progetti della rinascita, lo "spazio di libertà" che
ha vinto sull'oppressione e la morte.
Intitolato Unbuilding walls, il progetto del Padiglione
nazionale tedesco alla Biennale architettura, (dal 26 maggio al
25 novembre ai Giardini) colpisce allo stomaco e poi al cuore e
alla testa. Vuole essere una sorta di celebrazione del muro che
non c'è, del tempo "senza il muro", che oggi è per la prima
volta più lungo di quello in cui il muro c'è stato e ha prodotto
divisione e morte. E nello stesso tempo è un inno agli spazi
comuni da condividere - il tema della Mostra d'Architettura 2018
voluto dalle energiche curatrici del duo Graften, le irlandesi
Yvonne Farrel e Shelley McNamara.
Curato da Marianne Birthler, ex commissario generale per il
controllo sui dossier della Stasi, insieme con Lars Kruckeberg,
Wolfram Putz e Thomas Willlemeit di Graft, il Padiglione
tedesco offre una panoramica dei tantissimi progetti
internazionali con i quali Berlino negli ultimi vent'anno e'
stata letteralmente ricostruita e proiettata nella modernità,
con la striscia prima occupata dal muro oggi riguadagnata alla
socialità. Una storia da non dimenticare, quella del muro che ha
diviso per decenni la Germania. E proprio per sottolinearlo, una
seconda sala proietta filmati con ragazzi, donne, uomini dei
paesi che ancora patiscono una divisione del loro territorio, da
Cipro alla Corea del Sud, da Belfast a San Diego. Da non
perdere.
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