Diffondere l'uso dell'incidente
probatorio tramite una adeguata formazione dei magistrati alla
trattazione dei casi di violenza di genere: in questo modo, con
l'incidente probatorio disposto d'ufficio, obbligatoriamente, si
eviterebbe di stressare ulteriormente la vittima e si
velocizzerebbero i procedimenti. Lo ha sottolineato il
vicepresidente del Csm Fabio Pinelli audito oggi pomeriggio
davanti alla Commissione sul femminicidio presieduta da Martina
Semenzato sul tema della risposta organizzativa degli uffici
giudiziari nell'affrontare i casi di violenza di genere. Un
approfondimento sul tema era stato chiesto dalla Commissione al
Csm lo scorso 22 gennaio.
L'incidente probatorio "se chiesto dai pm e correttamente
interpretato dai giudicanti (il riferimento è alla sua
sostanziale obbligatorietà), è destinato a evitare l'audizione
in dibattimento della vittima e ad imprimere d'altro canto un
accelerazione allo stesso processo facilitando la celebrazione
di riti alternativi". Oltre a caldeggiare una formazione
giuridica dei magistrati per andare in questa direzione, Pinelli
ha aggiunto che occorre anche migliorare "la capacità di
comprensione e analisi in capo al giudice degli aspetti sociali
e psicologi, non trascurando che l'audizione di soggetti
rispetto ai quali le domande volte all'accertamento della verità
potrebbero comunque essere foriere di ulteriori disagi e
sofferenze".
Per quanto riguarda la formulazione delle domande, per
Pinelli "ciò implica che i giudici stessi chiamati a porre le
domande ma anche le parti, e dunque il p.m. e/o i difensori,
ricevano una adeguata formazione sulla modalità di formulazione
delle domande stesse al duplice scopo, si badi, di non creare
ulteriori danni o disagi a chi è stato vittima, ma anche di
evitare che colpendone la fragilità se ne possano di fatto
alterare le risposte", ha concluso il vicepresidente del Csm.
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