(ANSA) - PALERMO, 23 MAR - (SANDRO VOLPE, "VIZIO DI FIRMA.
PLAGIO E DINTORNI", PEQUOD, 173 PP., 16 EURO).
Tutti i plagiari felici si somigliano; ogni plagiario
infelice, invece, è infelice a modo proprio, direbbe un degno
plagiario di Tolstoj. I furti letterari, a leggere l'avvincente
saggio di Sandro Volpe, "Vizio di firma", rappresentano un
ricercato soggetto per romanzi e film che lo studioso ha messo
insieme, pescando in anni di letture e setacciando pellicole che
trattano dell'argomento. Scrittore e docente di Teoria della
letteratura e di Storia del cinema all'università di Palermo,
Volpe si era già cimentato con questo tema nel suo romanzo
d'esordio nel 2004, "All'incrocio delle righe", sempre per
Pequod.
Il furto ha un legame radicato con la letteratura, spiega
Volpe, e così anche quando il plagio viene raccontato al cinema
l'oggetto della trama è sempre un libro. "Vizio di firma" si
apre con un capitolo sui plagiati, partendo da "Tecniche di
seduzione", romanzo di Andrea De Carlo, e finisce con un lessico
del plagio, parole che vanno dalla "A" di appropriazione
("impadronirsi delle parole degli altri aiuta a trovare le
proprie") alla "V" di veramente, un avverbio che ravviva
illusoriamente l'io, prossimo alla inevitabile ricaduta nella
mediocrità, "prima accettata, ora insostenibile".
Non tutti i furti si somigliano, come dimostra "Delitto di
stampa", romanzo di Jean-Jacques Fiechter. Qui la mano del
plagiario e del plagiato è la stessa, ma per quanto l'autore si
diverta a creare cortocircuiti logici il finale non sarà un
blackout, "perché anche il racconto del plagio deve rispettate
le regole del gioco", dice Volpe.
Se nella vita reale il plagio produce scandali e processi,
nella fiction letteraria e cinematografica porta scompiglio
nella psiche di vittime e carnefici. Il plagio, declinato in
tutte le sue possibili varianti, come accade nel saggio di
Volpe, si avvolge su se stesso e diventa atto creativo per
eccellenza. E al tempo stesso vizio segreto e squisito. (ANSA).