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Quando Brusca fu tradito da una moto smarmittata

Quando Brusca fu tradito da una moto smarmittata

Il 'film' della cattura del boss con la regia di Renato Cortese

PALERMO, 01 giugno 2021, 16:09

di Francesco Nuccio

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Un momento del processo sulla strage di Capaci bis durante il quale depone il pentito Giovanni Brusca nell 'aula bunker del carcere di Rebibbia - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un momento del processo sulla strage di Capaci bis durante il quale depone il pentito Giovanni  Brusca nell 'aula bunker del carcere di Rebibbia - RIPRODUZIONE RISERVATA
Un momento del processo sulla strage di Capaci bis durante il quale depone il pentito Giovanni Brusca nell 'aula bunker del carcere di Rebibbia - RIPRODUZIONE RISERVATA

 E' la sera del 20 maggio 1996 quando, intorno alle 21.30, una motocicletta smarmittata percorre le strade di Cannatello, una borgata marinara dell'agrigentino che in quei giorni è praticamente disabitata. E invece dentro una villetta con le serrande chiuse ma con la televisione accesa c'è un boss in cima alla lista dei superlatitanti. In quel covo si nasconde Giovanni Brusca, soprannominato "'u verru" (il maiale), l'uomo che ha premuto il telecomando della strage di Capaci. Con lui c'è il fratello Enzo, anche lui ricercato, insieme alle loro mogli e a tre bambini. Brusca sta parlando al cellulare quando davanti alla villetta passa la moto a tutto gas. Il rumore assordante di quel tubo di scappamento privo di silenziatore viene udito distintamente nella sala intercettazioni della Questura di Palermo da Renato Cortese, investigatore di razza, il "cacciatore" che dieci anni dopo riuscirà a catturare anche il capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano . E' la conferma che Brusca si trova proprio in quella villetta. Cortese dà il via ai suoi uomini, che in pochi istanti fanno irruzione all'interno della villa. Alla vista dei poliziotti Brusca getta con un gesto di stizza il telefono dalla finestra. La sua latitanza finisce quel giorno, con gli agenti che tornano a Palermo in preda a una gioia incontenibile per avere finalmente arrestato il boia di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei loro tre colleghi della scorta.
    Qualche tempo dopo il boss comincerà a collaborare con la giustizia e a fare i nomi di tutti gli esecutori materiali dell' 'attentatuni'. E ieri, dopo avere scontato 25 anni di carcere, 'u verru', l'uomo che ordinò di strangolare e sciogliere nell'acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, è tornato in libertà.
    Il questore Renato Cortese, l'uomo che ha braccato Brusca fino a stanarlo, oggi preferisce schernirsi ed evitare le interviste. Anche se quella sera di 25 anni fa è rimasta impressa nella sua memoria in modo indelebile. Appena un anno fa, nel corso della trasmissione Atlantide su La7, rispondendo alle domande di Andrea Purgatori aveva ricostruito il "film" della cattura di Brusca. "Ricordo perfettamente, come se fosse ieri - ha raccontato -, quella moto smarmittata nella cuffia delle intercettazioni. La conferma che lui era a pochi metri da noi. Quando ho dato l'ok e i miei uomini sono entrati nella villetta stava guardando il film sull'attentato a Falcone di cui lui stesso era stato protagonista". Un arresto tra fiction e realtà.

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