Aveva in casa nove pezzi unici,
risalenti a un periodo compreso tra il quinto e il terzo secolo
avanti Cristo. Piccole anfore e altri reperti che però erano
privi della documentazione relativa alla lecita detenzione e non
notificati dalla Soprintendenza nazionale per il patrimonio
culturale subacqueo di Taranto. A scoprirlo sono stati i
carabinieri del nucleo tutela del patrimonio culturale di Bari
che hanno denunciato l'uomo che possedeva i beni archeologici
che sono stati sequestrati. Il sequestro è stato possibile
grazie alla "consultazione della banca dati dei beni culturali
illecitamente sottratti che si è rivelata di fondamentale
importanza per lo sviluppo delle indagini", spiegano i
carabinieri evidenziando che con la banca dati è possibile
comparare "più di 7.900.000 oggetti censiti e più di 770.000
immagini memorizzate". I militari ricordano anche che chi
intende "rivendicare la proprietà di reperti archeologici è
tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati
assegnati dallo Stato in premio per ritrovamento fortuito".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA