(di Barbara Beccaria)
TORINO - Un museo non tanto da visitare, ma da abitare, come fosse una grande casa dove andare ad ammirare oggetti d'arte e anche di uso quotidiano, magari anche sedendosi a tavola per condividere con altri il patrimonio museale. Un museo condiviso sui social e condito con un tocco di femminilità anche in onore del suo nome, Palazzo Madama, un sentire al femminile che ha accompagnato i progetti di tutte le ultime grandi mostre realizzate al suo interno.
La direttrice Enrica Pagella descrive così Palazzo Madama e la sua nuova mostra, l'innovativa 'Time table. A tavola nei secoli', mirata a raccontare come si sono imbandite le tavole dal Medio Evo ad oggi.
"Abbiamo messo in mostra soprattutto pezzi della nostra collezione - spiega Pagella - a parte le ceramiche usate per raccontare il Novecento, un servizio firmato Gio Ponti appartenente ad una collezione privata, e un servizio di origine giapponese proveniente da Palazzo Reale. Un modo per rendere scenografica, viva e diversa la nostra grande collezione, compresi alcuni pezzi custoditi in magazzino".
Quasi scherzando, racconta poi che "si tratta della prima mostra a Palazzo Madama con un titolo inglese".
"Credo che riceveremo critiche per questo - aggiunge - ma credo che oggi si debbano usare le parole giuste, che esprimono un concetto, magari usando anche una lingua straniera, se nella propria lingua la parola giusta non c'è. Se poi si tratta dell'inglese, la lingua oggi più usata dai giovani e dai social, pazienza". Una scelta certo non casuale, se si pensa quanto la mostra si vuole avvicinare al tema di Expo - altro nome inglese -, il cibo e quanto sia spalmata sui social e su internet. Basta pensare al portale Gnammo che permetterà ai visitatori di prenotarsi per partecipare, a fianco di sconosciuti, a cene a tema su una tavola imbandita all'interno del museo.
Pagella sottolinea poi un'altra novità: gli sponsor inseriti direttamente nella mostra, oltre che su cartellonistica e presentazione stampa. "Così è per i tre main sponsor della mostra, Guido Gobino, il ristorante Il Cambio e Lago design - spiega -. Tutti e tre hanno realizzato tre video che fanno parte della mostra. Forse - dice ancora Pagella - nessuna mostra come questa ha aperto alla città e alla comunità dei suoi visitatori, abbattendo muri e barriere temporali, fisiche e concettuali".
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