Fra gli attivisti del centro
sociale torinese Askatasuna ce ne sono alcuni che coltivano
propositi di "lotta armata" attraverso la "preordinata
provocazione di contrasti con le forze dell'ordine". Lo scrive
la Cassazione nelle motivazioni di una sentenza, depositate nei
giorni scorsi, relativa a un processo in corso nel capoluogo
piemontese: la Suprema Corte ha respinto il ricorso di due
imputati contro la misura cautelare dell'obbligo di
presentazione alla polizia giudiziaria.
Gli 'Ermellini' hanno confermato il provvedimento preso lo
scorso maggio dal tribunale del riesame di Torino ma, per
riassumerne i termini, si sono serviti di un'espressione che i
pubblici ministeri non hanno utilizzato in aula, dove si è
parlato di "iniziative violente" ma mai di attentati o azioni
dirette contro personalità dello Stato e delle istituzioni.
Il processo - che riprenderà a settembre - è a carico di 26
attivisti, alcuni dei quali accusati di associazione per
delinquere. Askatasuna è uno dei maggiori centri sociali
italiani e si colloca nell'area dell'autonomia. La tesi, che
poggia su accertamenti della Digos, è che un gruppo ristretto di
attivisti stia portando avanti un "piano criminoso" che fra
l'altro contempla folate offensive contro i cantieri del Tav con
lanci di petardi, bombe carta, artifici pirotecnici utilizzati
come armi.
La Cassazione ha preso atto che il tribunale del riesame di
Torino ha individuato all'interno di Askatasuna "una stabile
struttura organizzativa" composta da 16 persone che ritiene il
centro sociale "un mezzo" per realizzare i propri fini. "Secondo
quanto emerso dalle intercettazioni e dalla disamina degli atti
letti in chiave cronologica - è il riassunto degli Ermellini -
detta finalità si identifica nella lotta armata mediante la
preordinata provocazione di contrasti con le forze dell'ordine".
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