Ha denunciato la famiglia
sostenendo che era costretta a rubare e che veniva maltrattata e
picchiata se non portava a casa un bottino sufficiente: il gesto
di una ragazzina di origini rom ha portato a un processo, a
Torino che oggi si è concluso con cinque condanne. Il tribunale
ha inflitto al padre, ai nonni e agli zii due anni e cinque mesi
di reclusione, accordando alla giovane, parte civile con
l'avvocato Roberto Saraniti, il diritto a ottenere un
risarcimento.
Nel 2018, quando aveva 14 anni, la ragazzina, che da allora
è affidata una comunità, si presentò spontaneamente ai
carabinieri per raccontare la sua storia pochi giorni dopo
essere stata fermata per un tentativo di furto in un negozio di
scarpe e riconsegnata alla nonna. La sua famiglia ha negato le
accuse, spiegando fra l'altro che l'adolescente aveva dei
problemi comportamentali tali da convincerli a farla visitare da
medici e operatori sociali. L'avvocato difensore, Vittorio
Pesavento, annuncia ricorso in appello: "Le sentenze - dice - si
rispettano sempre, ma noi vogliamo andare fino in fondo a questa
storia. I contenuti del processo vanno in un'altra direzione
rispetto all'accusa".
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