La vita non può essere basata sulla
precarietà. Questo il messaggio che l'arcivescovo di Torino,
monsignor Roberto Repole, ha voluto lanciare nell'omelia della
messa di San Giovanni, patrono della città. "Ogni nuova nascita
- dice - è qualcosa di imprevedibile, di unico, è un miracolo
che porta nel mondo qualcosa che non c'è mai stato e non ci sarà
mai più. Celebrare la natività di Giovanni Battista in una città
che lo ha per patrono è un invito tutto particolare, come chiesa
e società civile, a riflettere profondamente su qualcosa che è
sotto gli occhi di tutti ma sulla quale non sempre poniamo la
giusta attenzione, che viviamo in un Paese che è sempre più
anziano e con un forte tasso di denatalità. E in Piemonte e a
Torino c'è un record negativo".
"Allora - prosegue - celebrare la nascita di Giovanni
Battista è riflettere sul perché siamo arrivati qui, sul perché
guardiamo alla nuova vita con paura, ansia, trepidazione, invece
che con gioia. Le risposte sono diverse, ma una delle cause è il
senso di precarietà, lavorativa ed esistenziale, dei più giovani
e dobbiamo interrogarci tutti se questo possa essere il futuro".
"Si può impostare la cultura sul senso di precarietà del lavoro
e dell'esistenza? - osserva l'arcivescovo -. Se così è la novità
della vita rischia di essere fonte di paura più che di bellezza.
Una paura - sottolinea - che fa sì che si cerchi la felicità non
nella nascita di una nuova vita, ma di un nuovo prodotto da
consumare, l'ultimo IPhone, una nuova automobile, entrando però
in quel senso di amarezza che si scava dentro di noi, il vuoto".
Monsignor Repole invita dunque a "domandarci come promuovere la
vita nella sua bellezza e riconsegnare ai nostri giovani la
bellezza dell'inizio, della vita e di ogni nuovo giorno" .
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