"Ho preferito evitare di infilarmi
in un contenzioso per un ultimo scampolo di carriera, dato che
il mio contratto sarebbe scaduto l'anno prossimo, e fare un
passo indietro, in modo da lasciare al Comune di Pesaro spazio
per scegliere il mio successore". Lo dice all'ANSA Gianfranco
Mariotti, sovrintendente dimissionario del Rof, dopo le
"perplessità" espresse dalla Corte dei Conti alla luce della
legge Madia nella relazione (relativa al 2015) sul festival,
ente che percepisce contributi pubblici, per i compensi
percepiti dello stesso Mariotti, ginecologo in pensione.
All'atto del rinnovo dell'attuale contratto - spiega - dal
Ministero erano giunti chiarimenti interpretati nel senso che
non c'erano ostacoli all'incarico di sovrintendente. Poi,
all'inizio dell'estate, è giunta la relazione con una diversa
interpretazione della normativa.
Mariotti, 84 anni, non fa nomi e si limita ad auspicare che
il suo successore "prosegua sulla linea che ha portato il Rof al
successo: massimo rigore filologico, massima libertà per le
regie e la parte visiva. Una linea vincente, ma difficile -
ammette -: abbiamo un repertorio particolare e siamo riusciti a
portare spettatori dai 5 continenti a vedere non Boheme o
Traviata, ma Ciro in Babilonia o Torvaldo e Dorliska".
Il sovrintendente non ha rimpianti, "il che non vuole dire
tutti gli spettacoli che abbiamo fatto siano belli. Ma non ne
rinnego nessuno". Un unico sogno rimasto nel cassetto: "portare
Leonard Bernstein a Pesaro per dirigere la Gazza ladra.
C'eravamo quasi, ma lui è morto nel 1990. Avrebbe fatto un
Rossini memorabile".
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