Non esisteva nessuna
associazione per delinquere perché "non c'era un struttura
organizzativa", "non c'era una sede" e soprattutto non c'era uno
"scopo condiviso". Lo hanno sostenuto in aula nel processo per
le presunte estorsioni al Genoa i difensori di alcuni degli
imputati dopo che ieri i pm Francesca Rombolà e Giancarlo Vona
hanno chiesto 14 condanne a carico di altrettanti ultrà
rossoblu.
Oggi hanno discusso in aula gli avvocati Angelo Paone,
Riccardo Passeggi, Davide Paltrinieri, Laura Tartarini e Aldo
Nappi. Domani parleranno fra gli altri gli avvocati che
difendono i principali imputati, Massimo Leopizzi e Arthur
Marashi per cui la Procura ha chiesto rispettivamente 8 anni e 7
anni e 10 mesi.
Paone ha sottolineato fra l'altro come "occorre tenere
distinte le manifestazioni di dissenso dalla commissione di
reati" e secondo il legale molti degli episodi contestati non
sarebbero penalmente rilevanti. Per l'avvocato Passeggi "si
tratterebbe secondo l'accusa di un'associazione per delinquere a
corrente alternata che si attivava solo quando il Genoa andava
male".
L'avvocata Tartarini ha sottolineato come lo stesso pubblico
ministero abbia detto che "la maggior parte dei partecipanti
alla presunta associazione non conosceva gli scopi occulti della
stessa e quindi il mio assistito ed altri sarebbero partecipanti
inconsapevoli".
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