Un acquedotto colabrodo, le
bollette più alte del Friuli Venezia Giulia, un organico
ridotto, a fronte di ricavi in crescita, e scarsi investimenti:
la
Femca Cisl, attraverso un convegno promosso oggi a Trieste dal
titolo "Acqua bene comune o bene economico?", denuncia la
situazione idrica cittadina definita "critica".
"Siamo davanti a un caso emblematico - spiega per la Femca
Cisl, Marcantonio Papagni - ovvero quello della trasformazione
di un'importante multiutility pubblica in una società privata i
cui processi di privatizzazione e di finanziarizzazione dei
servizi essenziali, orientati esclusivamente al profitto e utili
solo a ripagare gli azionisti, hanno contribuito ad allontanare
sempre più le scelte decisive dalle mani dei Comuni e dalla
qualità della vita dei cittadini".
La Femca Cisl spiega inoltre che, confrontando i numeri al
momento dell'entrata del Gruppo Hera in AcegasAps nel 2013 con
quelli attuali, i dipendenti su Trieste sono passati da un
migliaio a 700, ma i ricavi nel ciclo idrico di AcegasApsAmga si
sono incrementati, a parità di acqua venduta, di oltre il 60%,
passando da 108 milioni di euro a 165 milioni. Inoltre quasi la
metà dell'acqua viene dispersa nella rete, che presenta ancora
per il 25% tubature in ghisa e con alcune tratte che risalgono
al 1929. "Le recenti rotture - aggiunge Papagni - confermano
come l'intera rete idrica del territorio di Trieste versi oramai
in uno stato di continua emergenza".
Tra gli interventi anche quello della coordinatrice della
Cisl di Trieste-Gorizia, Michela Anastasio, "l'acqua è un bene
pubblico - ha sottolineato - e deve restare un bene pubblico.
Serve un cambio di rotta urgente".
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