"Ho 61 anni e per
una straordinaria fortuna non ho ancora sperimentato i grandi
lutti della vita, sono ancora vivi i miei genitori e le persone
a me care: confrontarmi con due potenti e devastatrici
esperienze del lutto è stato come vivere questo passaggio per
procura". Non fa mistero lo scrittore francese Emmanuel Carrère,
premio Hemingway 2019 per la Letteratura, che alla base del suo
libro "Vite che non sono la mia" (Adelphi), ci sono due fatti
particolarmente dolorosi.
"Continuo a considerarlo il mio libro migliore", ha confessato.
"Forse perché mi è sembrato di aver reso un 'servizio' decidendo
di raccontare tanto dolore, dopo la tragedia collettiva dello
tsunami del 2004 alla quale avevo assistito e dopo la tragedia
personale della scomparsa di mia cognata, la sorella di mia
moglie". Sulla differenza tra realtà e fiction, ha aggiunto:
"Credo nel romanzo ma la realtà è sempre una fonte preziosa di
ispirazione, forse perché mi sento più bravo e sicuro con questo
tipo di libri".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA