"Negli anni Sessanta mi hanno
chiamato artista, perché non sapevano come definire un mucchio
di carbone. Ma io sono un pittore". Così diceva Jannis Kounellis
(Pireo 1936 - Roma 2017), maestro pioniere di quelle ricerche
che hanno profondamente modificato il rapporto tra l'opera e chi
la osserva. A sei anni dalla scomparsa, il Maxxi gli rende
omaggio - il primo ufficiale a Roma da allora - con Jannis
Kounellis. Notte (fino al 30 aprile), mostra a cura di Luigia
Lonardelli.
"È estremamente importante rivedere dopo anni Jannis
Kounellis qui al Maxxi", commenta il presidente Alessandro
Giuli, ricordando i fili intrecciati più volte tra l'artista e
il Museo nazionale delle Arti del XXI secolo. Tre le opere oggi
in mostra nella scenografica Galleria 5, "tutte poco viste.
Abbiamo cercato - spiega la curatrice - di trattare
l'allestimento come se stessimo dipingendo uno spazio, partendo
dall'architettura di Zaha Hadid. E in sottrazione ci sembra di
aver ritrovato anche Kounellis". Il suo lavoro "è un'ode alla
libertà e a guardare la Storia come metafora dei percorsi
individuali".
Ad aprire è Senza titolo (Notte), opera del 1996 che incarna
"una delle sue grandi intuizioni: trattare le lettere come
fossero pittura e quindi icona". Nel frattempo, con Senza titolo
(Nabucco), azione presentata per la prima volta a Palazzo delle
Esposizioni a Roma nel 1970, "ci arrivano frammenti del Va'
pensiero completamente destrutturato". Eppure, "la nostra mente
è in grande di riconoscerlo".
Infine, l'installazione concepita nel 2003 per il chiostro
del Monastero di San Lazzaro degli Armeni a Venezia, che qui
poggia sui montanti della vetrata simbolo del Maxxi. Una pioggia
di piatti da bilancia sospesi in verticale, con composizioni di
bicchieri e brocche di vetro, in "un'opera - conclude Lonardelli
- che ci parla delle nostre fragilità".
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