Un monumento quattrocentesco singolare e misterioso che unisce alla genialità architettonica militare dell'architetto Francesco di Giorgio Martini l'enigmaticità di un percorso iniziatico voluto dal misconosciuto fratello di Federico da Montefeltro, Ottaviano Ubaldini, filosofo, mago e alchimista, vissuto dal 1442 al 1447 alla corte di Filippo Maria Visconti e amico di Pisanello e dell'umanista Francesco Filelfo.
È la Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro, nell'omonimo borgo in provincia di Pesaro-Urbino, che sovrasta il fiume Foglia e che fu scelta tra il 1940 e il 1945 dall'allora soprintendente delle Marche Pasquale Rotondi per salvare dalla guerra e dai nazisti quasi 10mila opere d'arte d'inestimabile valore. Tra queste la 'Tempesta' di Giorgione, assieme a dipinti di Tiziano, Tintoretto e Piero della Francesca.
Un edificio, unico nel suo genere, tanto da essere scelto pochi giorni fa dalla sezione Marche dell'Istituto italiano dei Castelli come luogo per celebrare i 60 anni di attività con una visita e un convegno in cui la storica dell'Architettura del Politecnico di Torino Valentina Burgassi ha evidenziato come la fortezza priva di merli e beccatelli, e dalla forma circolare di per sé perfetta per le teorie umaniste dell'epoca, dovesse avere anche una funzione abitativa.
La Rocca non è solo una 'domus', ma una dimora dello spirito, e l'immagine di un manoscritto del '700 che raffigura l'aquila (emblema di Federico) appoggiata su una tartaruga (simbolo di Ottaviano) espliciterebbe non solo l'armonia tra i due principi, ma anche chi dei due 'umilmente' sostiene l'altro.
Ma gli indizi, gli unici a guidare questa ricerca, secondo Tiberi, in assenza di una documentazione che non sia la Rocca stessa, ovvero 'il libro di pietra', non si fermerebbero qui.
Infatti i due piani della fortezza hanno 12 porte intese nella cultura ermetica come altrettanti ostacoli da superare, sei nella zona inferiore (Il mondo terreno) e sei in quella superiore (Il mondo celeste), a scandire un percorso fatto di bivi e scale a destra e sinistra che confluiscono prima nel Salone Maggiore (trasformato nell'ottocento in un delizioso teatrino), dove l'iniziato avrebbe dimostrato la sua trasmutazione interiore, e infine nella Cappella, luogo di raccordo tra umano e divino.
A segnalare il 'viaggio' ci sarebbero innumerevoli codici e simboli scolpiti tra cui nel camino della saletta a sinistra della Cappella la rarità di tre 'Green Man' (uomo verde), con espressioni diverse, ognuno dei quali rappresenta un volto umano circondato da foglie, che nella tradizione celtica simboleggia la rinascita della vita e quindi dell'uomo.
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