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L'agronomo Vitaletti, la sfida di un terreno povero

L'agronomo Vitaletti, la sfida di un terreno povero

I vitigni della cantina Siddùra vincono la scommessa

LUOGOSANTO, 04 luglio 2023, 13:12

Redazione ANSA

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Conosce ogni filare, ogni angolo da lui è stato controllato e sistemato. Si potrebbe benissimo dire che ognuno dei ceppi piantato sui quaranta ettari di vigneto, Luca Vitaletti, agronomo della Cantina Siddùra, lo conosce e se n'è preso cura. Il verde rigoglioso delle piante, racchiuse con meticolosità in filari gestiti con la tecnica del cordone speronato, invade gli occhi ed è una distesa di cui solo in lontananza, nel territorio collinare che ricopre, si intravede la fine.
    L'ordine che regna in questo luogo, nel cuore della Gallura e nel territorio del comune di Luogosanto, regala una serenità e una pace di cui l'agronomo è artefice fondamentale. E lui non distoglie mai lo sguardo delle sue piante, che regalano uva bianca in prevalenza, ma anche acini rossi carmini. È sempre lui, toscano trapiantato in Gallura da cui ha preso i modi gentili e schivi, che decide come operare sulla distesa del vigneto di una delle cantine più quotate in Italia e all'estero, oltre che in terra sarda. Nella mecca del Vermentino, Vitaletti continua ad esaminare il terroir che si trova a lavorare costantemente: un Ph acido con forte caratterizzazione granitica, un terreno povero a cui ogni anno è necessario dare un supporto, ma con il grande pregio di essere facilmente lavorabile anche in condizioni avverse di piogge.
    "Siddùra ha impiantato i suoi vigneti immersi in un ambiente di particolare pregio ambientalistico - racconta l'agronomo - qui non ci sono contaminazioni industriali e tutto intorno è ricco di macchia mediterranea e sugherete anche centenarie, un vero paradiso. I nostri terreni sono in pendenza ed è per questo che ho scelto di adottare particolari accorgimenti per far cresce un'uva degna delle aspettative dell'enologo in cantina".
    Ha scelto di far crescere l'erba tra i filari e di sfasciarla di tanto in tanto lasciando i resti tritati sul terreno per apportare nutrimento alle viti. Una scelta ecosostenibile che si affianca a quella legata all'utilizzo dell'acqua per l'irrigazione.
    "A circa 30 centimetri sotto il suolo - spiega - sono posizionate delle sonde che monitorano il livello di umidità della terra e mandano dei segnali che ci indicano, filare per filare, di quanta acqua necessitano le piante. Così, dalle nostre vasche di raccolta posizionate nel punto più alto della tenuta, l'acqua viene indirizzata in maniera meticolosa, senza sprechi, riuscendo a calibrare anche l'apporto per modulare la produzione". "La vite - dice convinto - è un essere vivente e come tale va trattata e rispettata. Ci troviamo su un terroir povero, in cui la pianta è normalmente portata a non dare un prodotto finale eccelso, ma avrà però delle caratteristiche organolettiche molto particolari. Per questo farla 'soffrire' nel modo giusto può dare dei benefici". Benefici e caratteristiche singolari e riconoscibili che si trovano racchiusi in ognuna delle bottiglie marchiate Siddùra.
   

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