Nel bello si vive bene e
in Italia abbiamo tante opportunità di vivere nel bello, ma gli
abitanti di un luogo devono riconoscere il valore del patrimonio
culturale nel quale sono immersi e farsene promotori e custodi.
Per Maria Rosaria Mencarelli, soprintendente Archeologia, Belle
Arti e Paesaggio dell'Abruzzo del Mibac, è importante
"contestualizzare il patrimonio culturale nel concetto più ampio
di paesaggio culturale, inteso come insieme di valori
testimoniali, ma anche di valori aggiunti o disvalori che noi
stessi provochiamo". Mencarelli parteciperà alla decima 'Festa
nazionale dei Borghi autentici', in programma dal 30 agosto
all'1 settembre a Barrea (L'Aquila). E' tra i relatori del
convegno di venerdì 30 (ore 15:30) "Il grande paesaggio italiano
come bene comune: identità, riuso e sostenibilità".
"Parlare di paesaggio culturale non è una cosa romantica, ma
molto concreta e pratica" sottolinea, aggiungendo che per
tutelare e fare sviluppare un territorio "c'è bisogno di una
serie di attori; da sola una Soprintendenza non può fare nulla,
servono Regione, Comuni, imprenditori, altrimenti si rischia che
un borgo diventi un rudere. Occorre pianificare un sistema di
servizi, abbandonando particolarismi e politiche generaliste per
creare strumenti mirati, migliorare il paesaggio culturale con
agricoltura, turismo, sostenibilità dei trasporti, altrimenti le
aree interne, con i loro borghi, continueranno a spopolarsi; e
questo è un problema europeo, non solo italiano". Una "politica
d'area sarebbe vincente, poiché spesso le piccole
amministrazioni non conoscono gli strumenti a disposizione".
"C'è stato in questi anni un passaggio dal concetto di
patrimonio culturale a paesaggio culturale: il patrimonio
culturale è l'insieme delle testimonianze materiali e
immateriali arrivate fino a noi e che abbiamo il dovere di
contribuire a tramandare. Il ministero - ricorda Mencarelli - ha
prodotto la 'Carta nazionale del paesaggio' e a quella bisogna
riferirsi. Quando apportiamo modifiche a una costruzione o a un
ambiente, modifichiamo il nostro paesaggio culturale, alla luce
delle nostre esigenze. Se quindi vediamo i borghi autentici come
isola felice siamo perdenti, dobbiamo invece leggerli come
possibilità di farne un motore di sviluppo di un paesaggio
culturale, come una buona pratica, che comunque innesca tante
problematiche, come l'uso e il consumo del suolo che è la
negazione stessa del paesaggio culturale".
"Il paesaggio culturale è anche quello che non facciamo o
quello che facciamo male o bene - approfondisce Mencarelli - In
Italia c'è una fortissima presenza di vuoti costruiti e non
utilizzati, occorre cominciare a pensare al riuso. Abbiamo vuoti
urbani ed extraurbani pari alla superficie del Lazio".
"Grazie a una politica di lungo respiro - sottolinea la
soprintendente - in Toscana, Umbria, Emilia Romagna e Piemonte è
stato possibile mantenere l'integrità del paesaggio culturale e
rendere gli abitanti consapevoli e partecipi del processo. Ormai
non siamo più sforniti di strumenti quali associazioni,
volontariato, professionisti, continua però a mancare la volontà
della politica di trovare strategie". Nello specifico,
"l'Abruzzo - secondo Mencarelli - deve recuperare un ritardo dal
punto di vista culturale. Sul versante turistico il tema può
essere promuovere un turismo non massificato, ma quali servizi
si offrono? Il turista torna dove trova un ambiente gradevole,
che non vuol dire finto, ma che risponde alle aspettative; forse
c'è da lavorare su questo, creare una classe di imprenditori del
turismo, professionalità che non si improvvisano".
La 'Festa dei Borghi autentici' a Barrea può essere, conclude
Mencarelli, l'occasione per parlare di tutto ciò. "La questione
da risolvere è come organizzarsi per preservare quello che
abbiamo, se è necessario preservarlo, capire se c'è una parte
che va sacrificata, perché non abbiamo fondi per tenere in piedi
tutto. Ora, poiché le crisi economiche non sono più di
passaggio, dobbiamo essere ben convinti di cosa vogliamo fare
quando pianifichiamo. Si devono copiare le buone pratiche, ma
non va scimmiottato il 'brand', perché siamo tutti diversi;
occorre valorizzare quello che si ha, e l'Abruzzo ha veramente
moltissimo, parlo di valore economico, culturale e di quello
sociale, che purtroppo si misura molto raramente".
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