Settecentocinquanta milioni di
persone nel mondo soffrono la fame, in particolar modo le
giovani donne, ad un livello definito allarmante in almeno 43
Paesi, a causa di guerre, crisi economiche, catastrofi
climatiche. È quanto emerso dall'Indice Globale della Fame
(Global Hunger Index - GHI), tra i principali rapporti
internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da
Fondazione CESVI per l'edizione italiana, presentato questa
mattina a Palazzo Marino a Milano.
La situazione più grave si registra in particolare Burundi,
Lesotho, Madagascar, Niger, Rep. Centrafricana, Congo, Somalia,
Sud Sudan e Yemen. Altro dato allarmante è il mancato progresso
nel contrasto alla povertà alimentare dal 2015 ad oggi, con 735
milioni di persone malnutrite nel mondo.
Stanto ai dati, presentati alla vigilia dell'apertura della
Cop28 a Dubai, la situazione pesa significativamente di più sui
giovani, in particolare donne e bambine che rappresentano circa
il 60% delle vittime della fame acuta. Il lavoro di assistenza
non pagato le sovraccarica, triplicando la loro probabilità di
non accedere a lavori retribuiti rispetto agli uomini.
L'analisi, che calcola il punteggio GHI di ogni Paese sulla
base dello studio di quattro indicatori, denutrizione,
deperimento infantile, arresto della crescita infantile e
mortalità dei bambini sotto i cinque anni, mostra l'impatto
diretto rappresentato dal cambiamento climatico ha
sull'insicurezza alimentare. Questo perchè il 75% di chi vive in
povertà nelle zone rurali si affida alle risorse naturali, come
foreste e oceani per la sopravvivenza, e l'80% delle popolazioni
che soffrono la fame vivono in zone particolarmente colpite da
catastrofi naturali.
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