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Dai Maya una lezione per coltivare ortaggi su Marte

Dai Maya una lezione per coltivare ortaggi su Marte

Unire coltivazioni diverse può essere utile, anche sulla Terra

20 maggio 2024, 13:01

Redazione ANSA

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Le piante coltivate in monocoltura e in consociazione (fonte: Goncalves et al. / Plos One, 2024) - RIPRODUZIONE RISERVATA

L'antica tecnica agricola della consociazione praticata dai Maya, che consiste nel piantare diverse colture insieme e vicine nello stesso campo, potrebbe rivelarsi utile per produrre ortaggi su Marte: lo dimostrano gli esperimenti condotti in serra dai ricercatori della Wageningen University, nei Paesi Bassi. I risultati, pubblicati sulla rivista Plos One, potrebbero aiutare anche gli agricoltori sulla Terra alle prese con i rapidi cambiamenti dovuti alla crisi climatica.

Pomodori, piselli e carote: sono queste le tre colture che i ricercatori hanno deciso di utilizzare nei loro test, sia perché è stato dimostrato che potrebbero crescere sul suolo marziano, sia perché i loro frutti contengono sostanze nutrienti utili per la salute (come beta-carotene, vitamina C, antiossidanti) che andrebbero persi con la disidratazione a cui viene sottoposto il cibo spaziale portato dalla Terra.

Queste colture sono state piantate singolarmente o consociate all'interno di vasi contenenti regolite, ovvero un terriccio simile al suolo marziano formato da un mix eterogeneo di rocce, sedimenti e sabbia, arricchito poi con una piccola quantità di terriccio organico per migliorare la ritenzione d'acqua e la crescita delle radici. Dopo 105 giorni è stata effettuata la raccolta e si sono tirate le somme, valutando la resa delle colture e il valore nutrizionale di ogni pianta.

I risultati dimostrano che i pomodori crescono molto meglio quando sono coltivati insieme a carote e piselli: si è infatti ottenuto un raccolto migliore, una maggiore quantità di biomassa e un contenuto più alto di potassio. I piselli crescono ugualmente in monocoltura e in consociazione, mentre le carote soffrono di più in consociazione. Secondo i ricercatori questi risultati altalenanti sono dovuti al fatto che la regolite non promuove la crescita dei batteri che fissano l'azoto dopo essersi insediati all'interno dei noduli radicali delle leguminose. Apportando dei miglioramenti al terreno si potrebbe dunque ripristinare la fissazione dell'azoto permettendo alle piante consociate di sfruttare al meglio la loro complementarità.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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