Immortalata in un fossile l'ultima caccia di un calamaro vampiro vissuto 183 milioni di anni fa: nella pietra calcarea rinvenuta in Lussemburgo sono ancora visibili i due pesci che il predatore aveva avvolto tra i suoi tentacoli prima di incappare in una fatale distrazione che lo ha portato alla morte per asfissia. Una drammatica istantanea dal Giurassico che viene descritta sulla rivista Swiss Journal of Palaeontology dai paleobiologi del Museo di storia naturale del Lussemburgo e quello di Monaco di Baviera.
L'esemplare di calamaro vampiro rimasto impresso nella pietra è lungo 38 centimetri e appartiene a una specie estinta finora sconosciuta, che è stata denominata Simoniteuthis michaelyi. A dispetto del nome, il calamaro vampiro non è un vero e proprio calamaro, bensì un piccolo cefalopode imparentato con il polpo. La sua peculiarità è quella di avere otto tentacoli uniti da una membrana usata come una sorta di rete da pesca. È proprio in questa 'rete' che i ricercatori hanno individuato le sagome delle due prede, due pesci finiti vicinissimi alla bocca del calamaro vampiro situata tra i suoi due occhi (di cui si sono conservate le tracce, così come è accaduto per altri tessuti molli come i muscoli).
Secondo la ricostruzione dei ricercatori, il calamaro vampiro aveva appena intrappolato i due pesci tra i suoi tentacoli quando morì per asfissia. Probabilmente distratto dalle prede, finì per inabissarsi in acque profonde e poco ossigenate dove morì prima di poter consumare l'agognato pasto.
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