Sono rimaste impresse nei fossili di 240 milioni di anni fa le violente immagini di rettili marini che venivano decapitati dai loro predatori. Si tratta di due esemplari di Tanystropheus, rettili caratterizzati da un collo lungo e sottile. I loro resti fossili sono stati analizzati dal gruppo di Stephan Spiekman, del Museo di Storia naturale di Stoccarda, in Germania, e i risultati sono pubblicata sulla rivista Current Biology.
Le indagini hanno permesso di ricostruire una cruenta scena di caccia avvenuta nei mari del pieno Triassico, che circa 240 milioni di anni fa erano popolati da diverse specie di rettili marini. Ad avere la peggio sono stati due esemplari di Tanystropheus: uno di circa un metro e mezzo e un secondo di circa 6 metri. Entrambi erano stati aggrediti da un predatore che li colpì violentemente al collo, tanto da decapitarli. I paleontologi avevano già ipotizzato che questi lunghi colli costituissero un punto debole, tanto che già nel 1830 uno studioso raffigurò una ipotetica scena di caccia in cui un Tanystropheus veniva azzannato al collo.
“Tuttavia – ha detto Spiekman – nella vasta documentazione di fossili non c'erano finora prove di decapitazione o di qualsiasi altro tipo di attacco mirato al collo”. Le prove sono state identificate ora, analizzando in dettaglio i due resti di Tanystropheus, composti dalla testa e una serie di vertebre in cui sono stati individuati segni di attacco. Secondo gli autori i resti di testa e collo si sono preservati perché, dopo aver attaccato e decapitato i Tanystropheus, i predatori si sarebbero poi cibati del resto del corpo (di cui non si hanno traccia) lasciando intatta invece la testa.
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