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Chirurgo in Iraq, diventa 'volontario' dei sorrisi

Chirurgo in Iraq, diventa 'volontario' dei sorrisi

E' direttore all'ospedale di Nassirya, operati 1.300 bimbi al labbro leporino

25 ottobre 2018, 17:50

Redazione ANSA

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Aws Adel chirurgo in Iraq, il 'volontario ' dei sorrisi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Aws Adel chirurgo in Iraq, il  'volontario ' dei sorrisi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Aws Adel chirurgo in Iraq, il 'volontario ' dei sorrisi - RIPRODUZIONE RISERVATA

"In dieci anni di attività in Iraq abbiamo visitato almeno 5.000 bimbi con labbro leporino e operato circa 1.300 di loro. Migliaia sono ancora in lista d'attesa e giorno dopo giorno la loro vita diventa più complicata". A raccontarlo è Aws Adel, chirurgo e direttore dell'Al Habobbi Teaching Hospital di Nassirya e volontario dell'ong Emergenza Sorrisi sempre in Iraq, intervenuto al workshop sulle labiopalatoschitosi tenutosi nel congresso "Patient First", organizzato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e dal Policlinico Gemelli Irccs.

"Studiare medicina da noi è una cosa rara che poche famiglie possono permettersi, perché gli studi sono lunghi e costosi", racconta. E i medici non sono l'unica cosa che mancano, in un Paese con una situazione sanitaria ancora critica dopo anni di guerra. "In Iraq abbiamo anche carenza di medicinali, di strumentazioni per le diagnosi e per le operazioni, ma anche di posti letto negli ospedali". Il professor Aws ha oggi 43 anni, ha studiato tre mesi a Milano durante la specializzazione e, nel 2009, ha incontrato il chirurgo Fabio Massimo Abenavoli, presidente dell'ong Emergenza Sorrisi, che l'anno prima aveva iniziato a operare presso la base di Camp Mittica di Nassirya.

"Dalla delegazione di medici italiani - spiega - imparai a fare lo screening di labiopalatoschitosi, a capire come operare i casi più complessi. Iniziai a lavorare come assistente e ora, a mia volta, insegno ai colleghi del mio team chirurgico, come volontario". Di casi infatti, in Iraq ce ne sono a migliaia e l'incidenza della malformazione è quasi il doppio rispetto ai paesi più ricchi. "Abbiamo casi in cui si presenta anche in due o tre fratelli, o in cui la troviamo in tre generazioni della stessa famiglia. Il problema è che questi bimbi andrebbero operati entro i 18 mesi poiché nei casi gravi la patologia compromette, tra l'altro, l'udito e le competenze linguistiche. Ma questo molto raramente - conclude - è possibile".

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