Mentre gli Stati Uniti sono alle
prese con l'epidemia di influenza aviaria nei bovini, che ha
portato nei giorni scorsi anche al quarto caso umano, l'Europa
va in controtendenza. Ieri l'Ecdc, l'Efsa e il Laboratorio di
referenza europeo per l'aviaria situato all'Istituto
Zooprofilattico delle Venezie ha pubblicato un aggiornamento
sulla situazione epidemiologica nel Vecchio Continente da cui
emerge che il numero di casi di influenza aviaria negli uccelli
(selvatici e domestici) non era così basso dalla stagione
2019-2020. Nel secondo trimestre 2023 sono stati infatti
soltanto 42 i focolai registrati in Europa, con poco più di
mille animali infetti.
La gran parte dei focolai sono stati causati da virus A/H5N1,
specie negli uccelli selvatici. La Germania, con 13 focolai e
217 animali infetti è il Paese più colpito. In Italia sono stati
riscontrati 25 casi, 6 nel pollame e 19 negli animali selvatici.
Intanto, dopo i casi di aviaria nei bovini in Usa, anche in
Europa si è rafforzata la sorveglianza sui mammiferi e finora
non sono emersi elementi di preoccupazione. In Italia sono stati
sottoposti a test circa 3.200 bovini e capre nelle province in
cui il virus dell'aviaria A/H5N1 ha circolato negli ultimi anni.
I test hanno dato responso negativo. Lo stesso è avvenuto in
Germania, dove, oltre agli animali, sono stati testati anche 450
campioni di latte, e in Svezia. Altri Paesi stanno avviando
attività di indagine.
Al di fuori dell'Europa, invece, la circolazione dell'aviaria
si è intensificata, sottolinea il rapporto. Complessivamente,
oltre ai casi animali, tra marzo e giugno sono stati segnalati
14 nuovi casi umani: 2 in Vietnam, 1 in Australia, 3 in Usa, 6
in Cina, 2 casi fatali rispettivamente in India e Messico.
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