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Aumentano in Italia le infezioni da batteri resistenti

Aumentano in Italia le infezioni da batteri resistenti

Iss, 5.331 tra il 2013 e 2016, e sono in crescita

ROMA, 04 agosto 2017, 18:39

Redazione ANSA

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Ottenuta una versione parzialmente sintetica di uno dei batteri più comuni, l 'Escherichia coli (fonte: Chris Bickel / Science, 2016) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ottenuta una versione parzialmente sintetica di uno dei batteri più comuni, l 'Escherichia coli (fonte: Chris Bickel / Science, 2016) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Ottenuta una versione parzialmente sintetica di uno dei batteri più comuni, l 'Escherichia coli (fonte: Chris Bickel / Science, 2016) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Aumentano in Italia i casi di persone colpite da batteri resistenti agli antibiotici: tra il 1 aprile 2013 e il 31 luglio 2016 ne sono stati segnalati 5.331, con un andamento crescente. Tra il primo gennaio e il 31 luglio 2015 sono stati infatti 1059, e 1183 nello stesso periodo del 2016.

Lo segnala il Rapporto Istisan "Sorveglianza nazionale delle batteriemie da enterobatteri produttori di carbapenemasi" dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss). Quelle rilevate sono le batteriemie, cioè la presenza di batteri nel sangue. In questo caso i dati si riferiscono agli enterobatteri resistenti ai carbapenemi (cioè gli antibiotici usati per le infezioni resistenti) e/o produttori di carbapenemasi.

Il numero di segnalazioni e l'incidenza sono risultate molto diverse nelle varie Regioni, dove si passa dalle 946 segnalazioni del Lazio allo 0 del Molise. La maggior parte dei casi è stata riportata nelle regioni del nord Italia (2.758 casi, 51,7%), seguite da quelle del centro (1.364 casi, 25,8%), e sud (761 casi, 14,1%) e isole (448 casi,8,4%).

Le province che più hanno segnalato sono state Roma (17,2%), Genova (7,9%), Torino (6,7%), Milano (5,9%%), Bari (5,1%), Bologna (4,9%) e Palermo (4,5%), mentre i pazienti più colpiti sono stati quelli di sesso maschile (62%), con un'età media di 65,4 anni. Nell'84% dei casi i pazienti si trovavano in ospedale al momento in cui sono comparsi i sintomi, soprattutto nei reparti di terapia intensiva (39,6%), medicina generale (12,6%) e chirurgia (10,2%). 
   

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