"Il bastone della scienza ha percosso
giusto e soggiogato il soggiogabile". Così Fernando Franzolini,
il medico inviato dalla Regia Prefettura di Udine a Verzegnis,
avrebbe commentato l'apparente successo dell'operazione
preventiva e repressiva con cui lo Stato era intervenuto per
porre fine al singolare caso di isteria collettiva che per mesi
aveva coinvolto decine di donne in quel paese montano della
Carnia, in Friuli. Per porre fine a deliri e convulsioni in casa
e in chiesa, e anche alla "minaccia" di una processione
spontanea invocata dalla bella Veronica, era intervenuta una
compagnia di soldati per deportare una ventina di donne al
manicomio di Udine. Un deputato friulano ne chiese conto in
Parlamento al ministro dell'Interno, evidenziando che poteva
esservi stata una violazione del diritto fondamentale alla
libertà individuale. Ma il ministro Villa, del nuovo governo
Depretis, rispose: "io veramente non potrei non fare (...)
quello che l'autorità sanitaria ha creduto di suggerire, e che
l'autorità di pubblica sicurezza doveva necessariamente
eseguire". Una vicenda, quella di Verzegnis, che va molto oltre
l'ambito locale per incrociare la storia dell'Italia
post-unitaria, lo scontro tra Stato e Chiesa solo pochi anni
dopo la breccia di Porta Pia, l'ascesa della psichiatria
positivistica, la strana storia dell'isteria nell'Ottocento.
Di questo e altro ancora l'autrice parla stasera alle 19 con
Alberto Panza, direttore del Servizio di Psicologia e
Psicoterapia del Cimi di Roma e Augusto D'Angelo, docente di
Storia contemporanea all'Università la Sapienza
Il libro e la vicenda
Tra il 1878 e il 1879 a Verzegnis, un villaggio montano del
Friuli, decide di donne manifestano i segni di un male oscuro,
presto interpretato come possessione demoniaca. Il clero cerca
di rispondere con l'antica pratica dell'esorcismo, ma lo Stato
postunitario e anticlericale - alleandosi con la scienza medica
e accogliendo la diagnosi di "istero-demonopatia" - reagisce con
le maniere forti, fino all'intervento dell'esercito e alla
deportazione delle malate in manicomio: drammatico esito di una
vicenda che, proprio sul nodo dei diritti, coinvolgerà anche il
Parlamento del Regno. Attraverso un'attenta ricostruzione
storica del contesto in cui l'epidemia si è sviluppata, passando
dagli archivi alla letteratura scientifica dell'epoca, Luciana
Borsatti indaga le ragioni di quella crisi, facendo luce sui
vissuti delle protagoniste e sulle laceranti tensioni a cui
erano esposte - aspetti ignorati invece da chi vedeva nel caso
solo uno scontro tra civiltà e superstizione o i sintomi di una
degenerazione della razza. E restituisce in un dinamico affresco
la molteplicità delle forze in campo e la complessità di un
evento che ancora ci interroga, come lo fa l'enigma sempre
sfuggente dell'isteria.
- Prefazione di Mario Galzigna.
Postfazione di Pietro Barbetta.
Con scritti di Alberto Panza e Salomon Resnik.
Castelvecchi Editore, pp. 285, 20 euro - .
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