Chiedono "verità e giustizia" i
genitori di Rita Caccioppoli, la studentessa di 27 anni morta lo
scorso 6 aprile in un ospedale a Napoli. Secondo quanto emerso
dall'esame autoptico disposto dalla Procura di Napoli la causa
del decesso sarebbe riconducibile a "un malore improvviso" ma
adesso, sulla base di una consulenza disposta dal loro legale,
l'avvocato Amedeo Di Pietro, è stata chiesta la riapertura del
caso venga con una nuova consulenza presentata in Tribunale.
Secondo il perito di parte, infatti, Rita, che pesava appena 49
chilogrammi quando è morta, il decesso sarebbe attribuibile a
uno "scompenso cardiocircolatorio con pericardite e miocardite….
" non diagnosticato. Una patologia che si può curare di cui,
sostengono i genitori, i sanitari non si sono accorti.
Fino alla data del decesso, tutti gli esami a cui era stata
sottoposta avevano dato sempre esito negativo. Ciononostante,
benché la giovane continuasse a mangiare e ad assumere
regolarmente le vitamine, lo stato di malessere persisteva. Non
riusciva a trattenere il cibo, e per tale ragione, più volte,
era stata costretta a ricorrere alle cure dei sanitari. I primi
disturbi erano iniziati nel novembre del 2020. I medici di un
primo ospedale avevano ipotizzato una tiroidite da Hoshimoto. In
un'altra importante struttura sanitaria napoletana, dopo una
degenza durata 18 giorni durante i quali è stata sottoposta
ancora una volta ad accertamenti di routine, la diagnosi fu
depressione da stress.
Diagnosi che tuttavia non aveva mai convinto i familiari della
ragazza, i quali avevano richiesto privatamente un ulteriore
consulto al neurologo Gaetano D'Arienzo, il quale aveva escluso
la presenza di disturbi alimentari, prescrivendole tuttavia
antidepressivi che la costringevano a dormire tutto il giorno.
Il giorno dopo il drammatico epilogo i familiari della giovane,
si sono recati nel Commissariato di Polizia di Ponticelli, a
Napoli, per sporgere denuncia e chiedere all'autorità
giudiziaria di fare luce sulla tragica vicenda.
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