(di Elisa Buson)
Meno salsa, pelati e ketchup in
tavola per colpa del cambiamento climatico. La produzione
mondiale di pomodori destinati alla trasformazione industriale
potrebbe calare del 6% entro il 2050 per effetto dell'aumento
delle temperature: tra le aree più colpite c'è anche l'Italia,
che con 70 mila ettari coltivati e oltre 6 milioni di tonnellate
di prodotto trasformato all'anno è il secondo produttore al
mondo dopo gli Stati Uniti e prima della Cina. A lanciare
l'allerta è uno studio condotto da un gruppo internazionale di
ricerca guidato da Domenico Ronga, professore associato di
agronomia all'Università di Salerno, e Davide Cammarano,
professore ordinario di agronomia alla Aarhus University in
Danimarca. I risultati sono pubblicati su Nature Food.
"Finora l'impatto del cambiamento climatico in agricoltura è
stato valutato prevalentemente su colture cerealicole come riso,
grano e mais, e non su colture orticole di elevato interesse
come il pomodoro", spiega Ronga. "Noi ci siamo focalizzati in
particolare sul pomodoro da industria che, a differenza del
pomodoro per il consumo fresco, viene coltivato in pieno campo e
non in serra".
In passato erano già stati condotti alcuni studi su scala
locale, mentre "il nostro - precisa Cammarano - è il primo a
valutare l'impatto del cambiamento climatico sui tre più grandi
produttori al mondo, ovvero Stati Uniti, Italia e Cina, che
insieme rappresentano il 65% della produzione globale". I
ricercatori hanno valutato l'andamento dei raccolti in caso di
emissioni di gas serra contenute, alte o molto alte: per
ciascuno scenario, hanno considerato cinque modelli climatici
che prevedono diversa temperatura e piovosità.
I dati dimostrano che con un incremento medio della temperatura
di 2,6 gradi entro il 2070 e di 5 gradi entro il 2100, le
colture potrebbero andare in sofferenza, "perché oltre i 28
gradi la pianta va in senescenza e diminuisce la produttività",
sottolinea Cammarano. Stando alle proiezioni, alcune regioni
della California e dell'Italia potrebbero essere maggiormente
colpite. Nel nostro Paese, in particolare, per ogni grado di
aumento della temperatura la produzione potrebbe calare in media
di 0,4 tonnellate per ettaro nel foggiano e di 0,3 tonnellate
per ettaro in Emilia Romagna, con proiezioni ancora più
preoccupanti (e incerte) al 2100. "Il calo della resa sarà
accompagnato anche dalla problematica del consumo di acqua",
osserva Ronga. L'irrigazione dovrà aumentare "da 25 a 150
millimetri di acqua per ettaro, e potrà diventare critica in
alcune aree dove già oggi la disponibilità di acqua è scarsa".
Le coltivazioni rischiano così di diventare insostenibili e di
essere trasferite in altre regioni (come il nord della
California e della Cina) dove le temperature sono più basse e
con il cambiamento climatico potrebbero salire nel range
ottimale per la produzione di pomodoro. "Non dobbiamo
spaventarci per questi risultati, che tengono conto degli ibridi
coltivati oggi con le attuali tecniche agronomiche", spiega
Ronga. "Sicuramente servirà uno sforzo multidisciplinare per
trovare nuove soluzioni che permettano di mantenere le
coltivazioni in Italia, come il miglioramento genetico delle
piante, per aiutarle a resistere al caldo o a cercare l'acqua
più in profondità, oppure l'uso di fertilizzanti e biostimolanti
che attenuino lo stress da caldo e siccità".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA