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Responsabilità editoriale di ASviS
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di Donato Speroni
Un’utile esercitazione di statistica economica che assegnavo agli studenti, quando insegnavo all’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, consisteva in un lavoro sull’ultimo rapporto disponibile dell’Istat sul Bes, il Benessere equo e sostenibile. Chiedevo di scorrere i testi dei dodici domini del volume (sanità, istruzione, lavoro e altri elementi del "well-being" personale e collettivo), per scrivere un articolo che descrivesse uno dei tre punti di debolezza della società italiana evidenziati in modo trasversale dal Bes: parità di genere, precarietà giovanile e divari territoriali. Era un modo per stimolare i futuri giornalisti a riflettere su descrizioni della società italiana che vanno al di là della cronaca quotidiana.
Non è un caso che, vari anni dopo, questi aspetti critici della comunità nazionale si ritrovino anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che considera “giovani", "parità di genere" e "riduzione del divario di cittadinanza valorizzando il potenziale del Sud" come “priorità trasversali che guidano le riforme, gli investimenti e i progetti del Piano”, in tutte le sue Missioni. È la conferma del fatto che, se non si sciolgono questi tre nodi, è impossibile trasformare il Paese e mettere davvero l’Italia su un sentiero di sviluppo sostenibile. Ma stiamo affrontando i problemi nel modo giusto?
Cominciamo dai giovani. Ci sono misure per favorirne l’occupabilità, ma stiamo andando davvero all’origine del disagio giovanile? Leggiamo la bella intervista, sul "Corriere della sera" del 1° febbraio, di Aldo Cazzullo a Rahul Gandhi in Kashmir, incontrato al termine del suo viaggio a piedi di 3.500 chilometri “attraverso villaggi, piantagioni, foreste, accompagnato da stelle di Bollywood e contadini analfabeti, artisti e popolazioni tribali”, affrontato per sfidare il governo autoritario e confessionale di Narendra Modi e rilanciare il Partito del Congresso che era stato guidato a lungo, prima di perdere il potere, da sua madre Sonia, nata a Orbassano. Rahul ha ben presenti le sue origini mezzo italiane. Dopo aver scoperto che, malauguratamente per lui, tifa per la Juve, Cazzullo lo provoca: “L’Italia oggi è un Paese di cattivo umore, non solo per il calcio”. E Gandhi risponde:
"Ripenso a mio nonno Stefano. Aveva combattuto in Africa e in Russia. (...) La generazione di mio nonno ha ricostruito l’Italia dopo la Seconda guerra mondiale, con un lavoro durissimo. Forse questa cosa è andata un po’ perduta. Che cosa? La capacità di soffrire. Prima parlavamo di passione. È una parola che porta in sé una carica di sofferenza. La ‘struggle’, il gusto della lotta. I giovani hanno molto altro, i social, la movida, ma questo è un po’ mancato".
Senza andare fino all’Himalaya, basta sentire le dichiarazioni raccolte dai cronisti dopo l’assassinio del diciottenne Thomas Bricca: “Noi questi ragazzi non li capiamo più”, dicono gli adulti e certo il problema dell’incomprensione tra le generazioni non riguarda solo Alatri. Non è un caso che il movimento di resistenza civile contro i carburanti fossili che imbratta i monumenti (con vernice lavabile) si chiami “Ultima generazione”. Sul loro sito si spiega che si chiamano così perché questa è l’ultima generazione che può salvare il Pianeta, ma nella scelta del nome c’è una condanna di quanto si sta facendo finora. Insomma, anche chi ha a cuore la sostenibilità preferisce azioni immediate ed esprime una totale sfiducia nella capacità delle istituzioni di cambiare. Non va bene.
Certo, ci sono i Fridays for future, ci sono le lotte ben più concrete e mirate condotte dai giovani ambientalisti e da Greta Thunberg in Germania per salvare un villaggio condannato dall’espansione di una miniera di carbone. Ma gli stessi giovani “impegnati” ci dicono che almeno l’80% della loro generazione è sostanzialmente apatica su questi temi, anche se nei sondaggi si dichiara “preoccupati per il clima”. Ne parlano, ma non si fanno coinvolgere.
D’altra parte, le istituzioni hanno fatto ben poco per coinvolgerli. Non basta varare provvedimenti per aumentare il dato statistico dell’occupazione giovanile. È necessario ridare certezze dove c’è precarietà, prospettive per crearsi una famiglia, insomma il gusto di poter guardare a un futuro di possibili miglioramenti. Magari con lotta e sofferenza, come dice Rahul Gandhi. Noi boomers certamente abbiamo avuto una giovinezza più facile, dal punto di vista del lavoro, però abbiamo anche lottato e sofferto. Ma quando manca la speranza di un miglioramento individuale, quando anche laureandosi si finisce poi per fare concorsi molto al disotto delle proprie qualifiche, viene a mancare la voglia di lottare e la disponibilità ai sacrifici.
C’è un rimedio a tutto questo? Come si rimette in moto l’ascensore sociale, oltre ad aggiungere la parola “merito” al ministero dell’Istruzione? Non c’è una panacea, ma tante misure che anche all’interno dell’ASviS stiamo cercando di mettere a fuoco. Con i nostri interventi rivolti ai giovani (si vedano le due recenti "lectio magistralis" di Enrico Giovannini, tornato da noi come direttore scientifico) e anche col primo punto del "decalogo presentato in campagna elettorale", che chiede “coerenza nelle politiche di sviluppo sostenibile” a partire dall’effettiva attuazione della modifica costituzionale con la quale è stata introdotta nella Carta “la tutela dell’ambiente e della biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni”. Tra poco sarà un anno dalla approvazione della riforma e un "evento dell’ASviS il 22 febbraio" stimolerà la riflessione su quanto c’è da fare (tanto) perché questo primo riferimento alla giustizia intergenerazionale nei principi costituzionali assuma rilevanza nella legislazione italiana.
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Fonte copertina: Ansa/Matteo Corner 2023
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