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In evidenza
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Responsabilità editoriale di ASviS
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In Italia la perdita di lungo periodo nei salari annuali delle madri determinata dalla nascita di un figlio è del 53% e tra il 2017 e il 2020 il 79,5% di coloro che hanno usufruito dei congedi parentali sono donne.
A diffondere questi dati è il rapporto “Papà, non mammo. Riformare i congedi di paternità e parentali per una cultura della condivisione della cura”, pubblicato da WeWorld Onlus con la collaborazione di Ipsos, che ha l’obiettivo di misurare l’uso dei congedi di maternità, paternità e parentali, sondare la conoscenza che i genitori hanno di questi istituti e indagare il livello di soddisfazione circa l’attuale normativa sui congedi e le eventuali difficoltà nella fruizione degli stessi.
Nel Rapporto, diffuso il 19 maggio, sono raccolti i risultati del sondaggio “I congedi genitoriali: conoscenza, esperienza e opinioni dei genitori in Italia”, effettuato su un campione composto dal 49% di uomini e 51% di donne, di cui il 41% proveniente dal Nord Italia, il 18% dal Centro e il 41% dal Sud; di età compresa tra i 18 e i 34 anni al 32%, 35-44 anni al 50% e 45-64 anni al 18%; di cui il 60% di occupati, il 40% di disoccupati, l’81% non laureati e il 19% laureati.
Il livello di conoscenza relativa dei congedi genitoriali.
L’uso dei congedi e le relative motivazioni.
Opinioni relative alle caratteristiche degli attuali congedi genitoriali. Sei padri su dieci pensano che l’attuale congedo di paternità sia breve e sei padri su dieci e sette madri su dieci pensano che il congedo parentale sia poco retribuito.
Opinioni sulla paternità.
Opinioni sugli attuali congedi genitoriali.
L'indagine sull’uso dei congedi parentali, come riportato nel Rapporto, si collega alle richieste politiche di WeWorld contenute nel Policy Brief “Promuovere l’empowerment economico femminile attraverso i congedi di paternità e i congedi parentali per padri”, che insiste sulla necessità di potenziare questi due istituti e di allargare la platea dei beneficiari, con l’obiettivo economico di incrementare il lavoro femminile e bloccare la fuoriuscita dal mondo del lavoro da parte delle madri e col fine socio-culturale di superare la visione patriarcale della famiglia e dei tradizionali ruoli di genere che vedono la donna come caregiver naturale ed esclusiva (colei che si occupa della casa e dei figli/e) e l’uomo come esclusivo breadwinner (letteralmente “colui che porta il pane a casa”).
Riformare i congedi di paternità a parentali. Le donne svolgono dalle tre alle dieci volte più lavoro di cura non pagato degli uomini (State of the World’s Fathers, 2021) e, secondo l’Oil (2018), ogni giorno vengono dedicate 16,4 miliardi di ore al lavoro non retribuito per la cura e l’assistenza alla persona, di cui il 76,2% è svolto da donne.
“Per trasformare una società che finora si è dimostrata non-curante dei bisogni delle donne in una società che si prende cura in maniera condivisa - spiega il Rapporto - è necessario estendere e prolungare i congedi di paternità e parentali”.
Dalle analisi svolte nel Rapporto, emerge che la situazione attuale danneggia le possibilità economiche e l’autodeterminazione delle donne. In Italia, infatti, alla maternità è associata una forte perdita salariale per le donne, difficoltà di reinserirsi nel mercato del lavoro e minori possibilità di fare carriera. Tale effetto, conosciuto come child penalty o motherhood penalty, si traduce nella perdita di lungo periodo nei salari annuali per il 53% delle madri determinata dalla nascita di un figlio, di cui il 6% è dovuta alla riduzione del salario settimanale, l’11,5% dovuto al part-time e il 35,1% dovuto al minor numero di settimane retribuite (Inps, 2020).
Le proposte di WeWorld per favorire l’empowerment economico femminile e promuovere una cultura della condivisione dei compiti di cura e accudimento sono:
di Viola Brancatella
Responsabilità editoriale di ASviS
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