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Responsabilità editoriale di ASviS
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“Ci sono 1,8 miliardi di persone nel mondo tra i 10 e i 24 anni. Sono tra i più colpiti dalla crisi Covid-19 e devono essere inclusi nella costruzione di una ripresa sostenibile, inclusiva e verde”. Queste sono le dichiarazioni che provengono dalle organizzazioni giovanili dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), e in particolare da Youthwise, un gruppo consultivo di persone tra i 18 e i 30 anni che intende occuparsi di politiche per plasmare il futuro del lavoro e dell’apprendimento giovanile (le iscrizioni per parteciparvi sono aperte fino al 5 marzo). Questa iniziativa, parte della campagna “I am the future of work” e di The Oecd action plan for youth, intende aiutare i Paesi Ocse a progettare migliori politiche per i giovani, anche tramite sondaggi che possano orientare i decision makers in questo senso.
“Tendenze come la digitalizzazione, l'automazione e la globalizzazione hanno determinato enormi cambiamenti nel modo in cui viviamo, apprendiamo e lavoriamo” dichiarano i ragazzi di Youthwise. “La domanda di alcune competenze è diminuita, dal momento che vengono creati nuovi posti di lavoro che richiedono conoscenze diverse. Al giorno d'oggi, abbiamo maggiori probabilità di cambiare occupazione e di avere termini d’impiego più brevi che mai”.
Ciò è stato in parte dovuto a grandi cambiamenti nelle economie occidentali, ma anche a nuovi modelli di business che hanno causato uno spostamento del mercato verso posti di lavoro “non standard”, impieghi in cui le persone lavorano part-time, hanno contratti temporanei, sono lavoratori autonomi o vengono impiegati nella gig economy (sistema economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo, professato da aziende come Uber o Deliveroo). “Questi lavori”, sottolineano i giovani dell’Ocse, “spesso non hanno gli stessi benefici sociali – assicurazione sanitaria, assenze per malattia, pensioni – di un impiego da dipendente”. Inoltre, i giovani spesso operano in settori come quello turistico e la ristorazione, tra i più colpiti dalla crisi.
L’impatto della pandemia di coronavirus ha accelerato questi cambiamenti al di là di ogni previsione. “La scuola è stata interrotta, la vita sociale si è prosciugata, i posti di lavoro sono andati persi, il lavoro a distanza è diventato la norma e i redditi sono precipitati”.
I Millennial e la Generazione Z (i nati negli anni '80, '90 e 2000), fanno notare i ragazzi di Youthwise, hanno già dovuto vivere l'impatto della crisi finanziaria globale del 2007. La situazione è migliorata nell'ultimo decennio, e all’inizio del 2020 i giovani hanno ripreso a lavorare, nella maggior parte dei Paesi Ocse, ai livelli precedenti la crisi. “Ma il Covid-19 ha annullato molti di questi progressi, e i giovani sono stati tra le fasce di popolazione a maggior rischio disoccupazione”. A novembre 2020, infatti, nella zona Ocse, circa un giovane su sette in media era privo di impiego.
Le organizzazioni guidate dai giovani nei Paesi Ocse hanno quindi avviato nuove iniziative volte a combattere alcuni effetti della pandemia, tra cui il sostegno agli anziani, la solitudine, l'ansia, la fornitura di istruzione e aiuto professionale ai coetanei.
“Per i giovani, la crisi da Covid-19 pone rischi considerevoli nei settori dell'istruzione, dell'occupazione, della salute mentale e del reddito disponibile” si legge nel policy paper “Youth and Covid-19. Response, recovery and resilience”, pubblicato a ottobre 2020 dall’Ocse. “Mentre le generazioni future si faranno carico di gran parte delle conseguenze economiche e sociali della crisi a lungo termine, il loro benessere può essere sostituito da considerazioni economiche e di equità a breve termine. Per questa ragione i governi devono anticipare l'impatto delle misure di risposta e recupero nei diversi gruppi di età, applicando soluzioni efficaci”.
Tra le misure pratiche che i decision makers possono adottare nel prossimo futuro, il policy brief identifica:
“I costi economici e sociali di questa pandemia sono alti” dichiarano i ragazzi e le ragazze dell’Ocse. “Ci vorrà tempo perché il mondo si riprenda. Questo è il momento per pensare a come vogliamo che sia il futuro del nostro lavoro”.
di Flavio Natale
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