Non un processo a degli
scienziati, ma a dei 'funzionari dello Stato' per non aver
analizzato correttamente tutti i rischi di quei giorni. Non dolo
ma omicidio e lesioni colpose. È questa la tesi della Procura
aquilana che ha guidato tutta l'accusa al processo di primo
grado ai componenti della commissione Grandi Rischi.
Bocche chiuse al palazzo di giustizia in attesa della
sentenza della Corte d'Appello prevista per il pomeriggio. I
sette imputati il 22 ottobre 2012 furono condannati a sei anni
perché non avrebbero analizzato tutti quegli indicatori che
avrebbero dovuto far tenere loro un comportamento diverso:
questo è in sostanza quanto ha scritto nella sua sentenza il
giudice di primo grado Billi e che per l'accusa aquilana resta
ancora valido. In sostanza, la tesi accusatoria confermata dalla
sentenza e fatta propria anche dalla procura generale in
appello, è che nessuno ha mai processato la scienza ma quei
funzionari dello Stato che non rimarcarono con la necessaria
forza gli eventi aquilani precedenti al sisma, che una scossa
forte era probabile in quanto non si verificava da 400 anni, che
l'Aquila ha una struttura medioevale, che tutti conoscevano la
inadeguatezza sismica dell'edilizia costruita dopo la guerra e
che era una città piena di studenti.
La tesi della Procura è che se la valutazione giuridica è
opinabile, se la colpevolezza è più o meno applicabile, i fatti
non sono in discussione. "I fatti non cambiano, con la sentenza
di primo grado la tavola è stata apparecchiata, le pietanze sono
quelle, ma siccome il diritto è dialettica l'eventuale
valutazione delle responsabilità può essere solo un fatto
tecnico. Quello che andava ricostruito e ci siamo riusciti, era
ricostruire la verità a prescindere dal parere dell'opinione
pubblica e dai giudizi dell'informazione", si sintetizza negli
ambienti della Procura aquilana.
Di tutt'altro parere le difese. Il professor Franco Coppi
contesta fortemente la tesi che ha portato alla condanna di
primo grado spiegando che "qui il funzionario pubblico non
c'entra: c'entra semmai, e lo contestiamo, quel singolo che
potrebbe aver sbagliato. Quando affermano che questi scienziati
possono aver sottovalutato il rischio sismico, si riferiscono al
titolo individuale dell'imputato, e quindi c'è il rischio di
condannare degli scienziati perché hanno sbagliato nel loro
ruolo scientifico, quando tutti sanno che non è possibile
prevedere un terremoto".
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