Gli allagamenti del 16 e 17 maggio
hanno interessato il 15% della Regione (fra le zone più colpite
le province di Vicenza, Padova, Venezia, Verona e in parte
Rovigo) causando 50 milioni di euro di danni al comparto del
primario. È andato perso il 30% delle semine, peraltro eseguite
da poche settimane, di mais, soia, frumento e varie coltivazioni
di orticole. Si tratta delle prime stime, a cura di Cia Veneto,
dei danni delle esondazioni. "Ora bisognerà procedere con delle
nuove semine - commenta il presidente di Cia Veneto, Gianmichele
Passarini - con conseguenti ulteriori costi per gli agricoltori.
In ogni caso, dato il ritardo delle stesse, non si avranno le
medesime rese. Un'ulteriore batosta per il settore, già alle
prese con criticità in termini di aumento delle spese fisse,
oltre a dei redditi che non sono mai equi". Siamo chiamati a
farci trovare pronti in caso di eventi estremi, aggiunge lo
stesso Passarini, "in una sorta di adattamento climatico". Una
delle soluzioni è la realizzazione di nuovi invasi, in grado di
trattenere la risorsa idrica allorché si verificano dei
nubifragi, per poi rilasciarla all'occorrenza. Oggi il Veneto
riesce a conservare soltanto il 5% dell'acqua piovana. Motivo
per cui, spiega il presidente, "i Consorzi di Bonifica hanno
predisposto, in coordinamento con la Regione, un piano invasi
che attende finanziamenti comunitari ad hoc per essere avviato".
Gli altri punti chiave sono il "contrasto alla desertificazione,
e quindi alla risalita del cuneo salino, e la ricarica della
falda". "Anche in questo caso, però, sono necessarie delle
specifiche risorse - precisa Passarini - Ci auguriamo che le
Istituzioni rispondano al nostro appello: meglio prevenire, con
adeguati interventi, piuttosto che procedere, poi, con la via
dei ristori, peraltro maggiormente esosi". Fra le altre istanze,
"occorre attivare i sopralluoghi di Avepa per delimitare le aree
danneggiate, come previsto dal Decreto Legislativo 102 del
2004".
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