Jafar Panahi ha davvero un coraggio
da leone per girare un film come GLI ORSI NON ESISTONO (NO
BEARS) in cui, abbandonate allusioni e ironie, ci va giù duro
con l'Iran, raccontando da una parte la voglia di fuga di chi ci
vive e, dall'altra, quella di restare e combattere proprio come
ha fatto e fa lui (in una scena chiave del film, in sala con
Academy Two il 6 ottobre, il protagonista non attraversa il
confine che lo renderebbe libero, anzi fa un passo indietro). E
GLI ORSI NON ESISTONO, fortemente candidato al Leone d'oro di
questa 79/ma edizione della Mostra del cinema di Venezia, in
qualche modo si muove sempre tra queste due opzioni.
Troviamo così lo stesso Panahi, nel ruolo di se stesso, che
in un paesino iraniano di confine dirige, da remoto, un film in
Turchia (ed è quello che è davvero avvenuto). Protagonista poi
di quest'opera via zoom una coppia molto innamorata che deve
scappare clandestinamente dal paese ed è in cerca di passaporti
falsi. Mentre nella località dove vive Panahi, ospite di una
famiglia accogliente e semplice, è in corso un'altra storia
d'amore che potrebbe essere compromessa da una foto che il
regista avrebbe fatto alla coppia sbagliata.
Di fatto dopo un po' la presenza di Panahi diventa scomoda,
comincia a dare fastidio ai locali che temono di avere problemi
con il potere iraniano. E, in parallelo, tra gli stessi attori
del suo film, la protagonista (Mina Kavani) non accetta affatto
il compromesso usato nella sceneggiatura per la sua fuga e si
rivolge cosi pirandellianamente al regista per dirgli che non ci
sta, che non è giusto. Insomma quest'ultimo lavoro di Panahi è
senza compromessi, duro e molto esplicito: il regista lo ha
girato poco prima di venire imprigionato, a luglio scorso, a
causa delle sue parole a favore dell'indipendenza di un altro
artista iraniano.
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