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'Ndrangheta: testimone, Di Donato colpito da lettera Viérin

'Ndrangheta: testimone, Di Donato colpito da lettera Viérin

"Da Giachino disse che hanno perso mamma in stesso periodo"

AOSTA, 10 giugno 2020, 16:20

Redazione ANSA

ANSACheck

Tribunale aosta - RIPRODUZIONE RISERVATA

Tribunale aosta - RIPRODUZIONE RISERVATA
Tribunale aosta - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Roberto Di Donato disse durante l'incontro a casa di Alessandro Giachino che era rimasto molto colpito da una lettera che Laurent Viérin aveva pubblicato su un giornale locale, entrambi avevano perso la madre nello stesso periodo". Lo ha riferito un dipendente della Casinò de Vallée, Massimo Raffaelli, di 54 anni, sentito come testimone dell'accusa nel processo Geenna su una presunta locale di 'ndrangheta di Aosta. "Laurent e Alessandro" Giachino, anche lui dipendente del Casinò, "non si conoscevano personalmente, li ho presentati io. Non è un mistero - ha aggiunto Raffaelli - che alle ultime regionali io abbia appoggiato la candidatura di Laurent Vierin. E Alessandro mi aveva manifestato la volontà di sostenere la sua candidatura". Era il 4 maggio 2018: in quell'occasione, documentata dagli appostamenti dei carabinieri nell'ambito dell'inchiesta Egomnia, "dopo una veloce presentazione si è parlato di politica", ha detto Raffaelli.
    Da quell'incontro scaturì un aperitivo, organizzato in un bar ad Aosta, per far conoscere "possibili simpatizzanti elettori".
    "L'unico che forse avevo riconosciuto era il suocere di Roberto Di Donato. Viérin aveva fretta e lasciò la sala per primo".
    Quindi Raffaelli ha spiegato: "Avevo un buon rapporto con Laurent Vierin. Conosco e stimo suo papà". Riguardo alla "inopportunità" sottolineata dal pm Stefano Castellani di presentargli Roberto Di Donato, visti i suoi precedenti, il testimone ha detto: "Ho sempre ritenuto sconveniente l'amicizia di Marco Di Donato, non di Roberto. Quando nel 2007 Roberto ha avuto problemi con la giustizia" con accuse di narcotraffico internazionale "sono caduto dal pero. Per come li ho conosciuti io, Franco e Roberto Di Donato sono dei bravi ragazzi".

"Prettico disse di essere massone" - "Nicola Prettico mi disse nel 2016 di far parte della massoneria. Mi sembra che disse di farne parte a Torino. Non mi spiegò cosa lo spinse a iscriversi". Lo ha riferito un dipendente della Casinò de Vallée, Massimo Raffaelli, di 54 anni, sentito come testimone dell'accusa nel processo Geenna su una presunta locale di 'ndrangheta ad Aosta.
"Nicola Prettico e Alessandro Giachino sono colleghi e amici. Da Antonio Raso sono andato a mangiare. Conosco anche Marco Sorbara", ha detto il testimone rispondendo al pm in merito a quali degli imputati conoscesse. Dall'ordinanza dell'inchiesta Geenna emerge che Prettico non aveva aderito a una loggia costituita nel 2015 ad Aosta alla presenza tra gli altri - scriveva il gip - di "Antonio Raso" e "probabilmente Paolo Contoz", ex consigliere regionale eletto con Stella alpina, a causa dell'esclusione di Vincenzo Marrapodi - "detto Rocco, ex sindaco di San Giorgio Morgeto, soggetto che si muove tra la Calabria e la Valle d'Aosta" - che in passato aveva "permesso l'entrata di Prettico nella massoneria". Il consigliere comunale di Aosta sospeso dichiarò che avrebbe "cercato altre logge a cui affiliarsi".
Sui dispositivi elettronici di Prettico, sequestrati dopo l'arresto del 23 gennaio 2019, i carabinieri hanno trovato, tra l'altro, diversi documenti pubblici riguardanti la massoneria.
   

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