Le autorità egiziane competenti
lavorano senza sosta per individuare i propri cittadini
scomparsi durante il pellegrinaggio annuale dell'Hajj in Arabia
Saudita, mentre il bilancio totale e provvisorio dei morti resta
di oltre 900, di cui circa 600 provenienti dall'Egitto.
Il Consolato egiziano a Gedda, insieme al ministero degli
Esteri, coordina molteplici squadre di lavoro inviate alla Mecca
e nei luoghi santi per cercare i dispersi e censire i ricoverati
in ospedale. Le autorità saudite e la delegazione ufficiale
egiziana dell'Hajj fanno sapere che non si fermeranno fino a che
il censimento non sarà completato, tenendo conto delle
segnalazioni di scomparsa delle famiglie e dei registri
ospedalieri. Una missione consolare disponibile 24 ore su 24 è
stata istituita presso l'Ospedale East Arafat e il Complesso
medico Al-Muaisem in Arabia.
In questo contesto si comincia a puntare il dito contro i
numerosi pellegrini che partono senza registrarsi negli appositi
database, sulla base dei quali il Regno predispone i servizi da
offrire ai pellegrini, e che in questo modo risultano
inevitabilmente insufficienti. Si ritiene infatti che gli
egiziani partiti per i luoghi santi siano molti di più dei 56
mila registrati alla Missione egiziana per l'Hajj e le autorità
saudite hanno fatto sapere di aver allontanato dalla Mecca oltre
300.000 pellegrini perché non in possesso dei permessi
dell'Hajj.
La mancata registrazione - si osserva al Cairo - "sta
richiedendo un doppio sforzo e tempi più lunghi per cercare i
dispersi e metterli in contatto con i loro parenti".
"I pellegrini sono rimasti a lungo senza cibo, acqua e aria
condizionata", riferiscono le autorità, e "sono morti per il
caldo perché la maggior parte delle persone non aveva un posto
dove rifugiarsi".
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